“Natale senza mio figlio, ora basta”, la protesta di un padre arriva allo sciopero della fame

BRINDISI – Le ha provate tutte. Dopo i comuni ricorsi legali ha tentato con la raccolta firme, con il coinvolgimento della politica, ora tenta l’estrema carta per farsi ascoltare. Francesco Cellie, padre brindisino di un figlio che non gli è consentito di vedere, per il 25 e il 26 dicembre ha indetto lo sciopero della fame. E con lui nella centralissima piazza Cairoli a Brindisi, a dimostrare il malessere per una situazione vissuta come la più grave delle ingiustizie, altri padri di figli contesi in coppie che scoppiano e a fare le spese sono sempre i minori, vittime di una condizione che non hanno potuto scegliere.

“La mia lotta è per mio figlio e per tutti i figli d’Italia, diventati oggetto di ciò che io chiamo l’odierna Shoa. La deportazione dei bimbi italiani in patria”  ha detto Cellie per se e per tutti i componenti della associazione Movimento Contro Erode che da ieri fanno lo sciopero della fame per essere visti da una giustizia di cui a volte si sento vittime e non protagonisti. “Vorremmo – ha spiegato Cellie – che venissero applicate le leggi dello Stato italiano. Purtroppo l’affido condiviso non viene applicato se non nel 4/5% dei casi. La restante parte è abbandonata a se stessa e sono sempre di più i padri disperati che non riescono a vedere i figli o peggio ancora che se li vedono strappare per essere affidati alle case famiglia per le presunte conflittualità nella coppia. Ma noi possiamo dimostrare che non è così e le conflittualità nella maggior parte dei casi sono unilaterali e noi subiamo e basta”.

Infatti, ha aggiunto questo padre, pare che ci siano circostanze nelle quali l’ascolto dei minori e della versione paterna viene saltato o messo in atto senza attenersi alle regole della legislatura vigente. “Mio figlio ha la capacità giuridica di poter distinguere il bene dal male, ha la capacità giuridica di poter dire quello che ha subito e di poter scegliere dove vivere. Invece, adesso dopo essere passati attraverso assistenti sociali e perizie i giudici vorrebbero azzerare tutto con un colpo di spugna ripartire da zero chiudendo il bambino in una casa famiglia per loro giudicata “ambiente neutrale”. Io lotto perché questo non accada” ha concluso.

Una problematica non nuova, anzi molto diffusa ma per fortuna i padri hanno capito di non essere soli e hanno trovato il coraggio di parlare: “E’ successo anche a me – ha detto Stefano Cota un dipendente Equitalia che vive senza la figlia dal 2009, cioè da quando è nata – la bambina fu riconosciuta prima dalla madre, perché noi non eravamo sposati, e anche se avevamo già un altro figlio la madre scelse così, poi sono riuscito a ottenere il riconoscimento ma mi è stato permesso di vedere mia figlia solo per un’ora il giorno del suo compleanno. I bambini dovrebbero essere tutelati e vedere entrambi i genitori, quello che chiedo io  – ha detto infine Cota – è che i giudici ascoltino entrambe le istanze. Io parlo anche alle giudici donne che forse più di altri possono capire cosa vuole dire essere un genitore”.

Lo sciopero della fame continua e continuerà finché questi padri non troveranno giustizia hanno fatto sapere.

Carmen Vesco

 

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