“Cerano non è solo Brindisi, il nuovo presidente della Provincia si faccia promotore della una battaglia”

INTERVENTO/ Il futuro di Cerano riguarda solo Brindisi?

La centrale a carbone di Cerano ha costituito in questi decenni un problema per un più esteso territorio, dichiarato anche per questo motivo “area ad elevato rischio di crisi ambientale”, comprendente, oltre Brindisi, i Comuni di San Pietro Vernotico, Torchiarolo, Carovigno e, per ultimo, Cellino San Marco.

Sarebbe quindi opportuno, se non necessario, che la Provincia, benché declassata nelle sue funzioni e competenze, assumesse da subito, appena dopo l’elezione del nuovo Presidente il 31 ottobre, un ruolo di coordinamento istituzionale e politico su una questione di tale portata.

La stessa Regione non può disinteressarsi del futuro di Cerano, né il Governo il quale, nella Nota di Aggiornamento del Documento di Economia e Finanza 2018 (NADEF) prevede, in linea con la Strategia Nazionale di Sviluppo Sostenibile, la decarbonizzazzazione e la defossilizzazione della produzione, nonché “il rafforzamento della governance delle aree marino-costiere, tesa alla conservazione del capitale naturale”.

Opportunamente il Sindaco di Brindisi ha avviato un percorso istituzionale che prefiguri gli scenari possibili per il “dopo 2025”, fissato come anno limite per la de carbonizzazione del sistema elettrico nazionale.

Altrettanto tempestivamente le Organizzazioni sindacali e quelle datoriali si stanno già ponendo il problema della sacrosanta salvaguardia della forza lavoro e dei destini produttivi di un’azienda che ha avuto, e si vuole giustamente che essa continui ad avere, un peso di primaria grandezza nell’economia territoriale.

In ogni caso, non è pensabile lasciare a Enel la “responsabilità” di proporre un progetto per il dopo carbone, in quanto l’obiettivo e legittimo interesse aziendale di ottimizzare comunque l’utilizzo dei suoi impianti, nonostante l’obbligo di dismettere la produzione di carbone, rischia di farci rivivere, sia pure in contesti e con progetti diversi, l’infinita telenovela già vissuta con la Centrale a carbone di Brindisi Nord.

Né si può lasciare alla “solitudine” del Comune di Brindisi, come è accaduto finora, l’iniziativa di definire i destini di un più vasto territorio salentino situato a sud di Brindisi e a nord di Lecce, segnato com’è stato in questi decenni dalle conseguenze ambientali e sanitarie, ma anche costiere, della centrale.

Difatti, oltre alle arcinote problematiche dell’inquinamento ambientale e a quelle sanitarie subite in questi decenni, una serissima problematica, sottovalutata e sottaciuta, è stata la conseguenza dell’impatto artificialmente prodotto dalla mega centrale su una lunghissima fascia costiera, la cui accelerazione e amplificazione erosiva ha condizionato le stesse politiche del turismo.

Si deve sapere cioè che la “struttura aggettante” di presa a mare della centrale a carbone di Cerano ha interrotto il trasporto di 120.000 mc annui di sabbia, la qual cosa ha impedito e continua a impedire il ripascimento naturale delle spiagge, determinato proprio dal blocco del flusso sedimentario della riva. Ciò ha amplificato l’erosione di una lunghissima fascia costiera salentina, almeno da Campo di Mare a San Cataldo e oltre, già naturalmente sottoposta al fenomeno del bradisismo positivo; e ha obbligato a un ripascimento artificiale e a costosissime opere di recupero di alcuni tratti costieri, nel passato anche con il contributo dell’Enel, come è accaduto con il progetto del prof. Cotecchia. Lo stesso Consiglio Nazionale delle Ricerche, nell’Atlante sullo Stato delle Coste Italiane, ha rilevato che oltre il 42% delle coste italiane è in stato erosivo e che, tra le cause principali, vi è “la costruzione di porti e strutture aggettanti”, e che in Puglia la percentuale sale al 65%, posizionando la Regione al 4° posto nell’apposita classifica.

Sorprende perciò il silenzio di altre istituzioni, a cominciare da quella di San Pietro Vernotico, che dovrebbero sentirsi direttamente interessate a concorrere a definire i destini di Cerano!

L’area a rischio si trova in un tornante della storia territoriale analogo a quello del ’96. Ma mentre allora si trattò, con una famosa Convenzione, benché tradita, di “mitigare” il più possibile l’impatto ambientale del polo energetico, tutelando tutti i lavoratori, oggi si tratta, a mio sommesso avviso, di “superare” finalmente il carbone, sempre tutelando tutti i lavoratori, ma con la dismissione della centrale e la bonifica dell’intera area interessata, non con la sua trasformazione in qualcosa d’altro!

Per raggiungere questo obiettivo, così ambizioso e estremamente impegnativo, ci vogliono un’idea e un progetto adeguati – una “visione” -, con il concorso di tutti gli enti territoriali interessati, dalle organizzazioni sindacali, datoriali e ambientaliste, all’Enel e al Governo, come fu nel ’96.

Occorrerebbe costituire un tavolo politico e istituzionale fortemente rappresentativo, coadiuvato da un gruppo progettuale di esperti altamente professionale che, in Conferenza permanente e con il coinvolgimento delle popolazioni, assieme al Governo e all’Enel, “costruisse” un futuro sostenibile e utile al territorio. Sarebbe un gran bel salto culturale per la politica e per la società!

Immaginiamo ora la costa senza la centrale. E’ impossibile RI naturalizzare e rigenerare urbanisticamente a fini turistici tutta la costa interessata dall’accentuazione dell’erosione a causa della centrale?

E’ una domanda “visionaria”, forse innamorata di un futuro già vissuto nelle estati lì al mare piene di vita, ma che prelude a uno scenario auspicabile, fondato sulla qualità paesaggistica e l’appetibilità turistica della costa, oltre a costituire un esempio, arduo ma non impossibile, di riconversione ecologica, si direbbe oggi.

E’ utile ricordare che già nel ’96, in virtù della Convenzione con Enel, che prevedeva una drastica riduzione del carbone e la salvaguardia di tutti i posti di lavoro, Enti territoriali e Governo definirono un dettagliato Protocollo Aggiuntivo per il rilancio ecosostenibile dell’economia brindisina! Ricominciamo dalla costa?

Credo quindi che, soprattutto oggi, siano in tanti a doversi sentire chiamati a immaginare un futuro per Cerano, a partire da chi si trova pure a sedere tra i banchi delle istituzioni e che nel passato ha fatto parte del Comitato 8giugno, che questo “sogno visionario” lo ha perseguito perché non lo ha ritenuto impossibile.

Se non tentare di realizzarlo ora, quando mai più?

 

Ernesto Musio, già coordinatore del Comitato 8giugno

2 Commenti

  1. liberiamo l’Italia dal “peso” delle Provincie. le competenze che passassero ai Comuni o alle Regioni: o no? a quando un referendum?

  2. E’ a dir poco incredibile la narrazione fatta in questo articolo che si inquadra perfettamente nel catastrofismo fuorviante che da tempo si manifesta nei confronti del più importante dei combustibili fossili per la produzione elettrica mondiale.

    Non casualmente, nello stesso non c’è alcun accenno all’importanza a livello sia mondiale che europeo dell’uso del Carbone per la produzione elettrica, che dipende appunto per il 40% globale da tale fondamentale combustibile.

    La cosa è ancor più grave per un Paese notoriamente povero di materie prime, come appunto l’Italia che, a causa della demagogia che riguarda questi temi, ha già notevolmente ridotto il contributo di questo combustibile naturale per tale fondamente funzione.
    Non casualmente l’Italia subisce poi un costo dell’elettricità sensibilmente superiore a quello dei suoi principali concorrenti nella Ue28 e questo non può non danneggiare l’industria manifatturiera nazionale, con logici risvolti negativi sull’occupazione e sul benessere a casa nostra.

    Vi è nel mondo un altro Paese che presenta condizioni naturali simili all’Italia ed è il Giappone che, infatti, utilizza Carbone d’importazione per produrre oltre un terzo dell’elettricità per quel Paese. Il Giappone ha circa 50 Centrali Termoelettriche alimentate da questo combustibile (contro solo 8 quelle residue in Italia!!!) ed ha in programma di realizzare altre 43 nuove moderne Centrali per garantirsi abbondante elettricità a costi davvero ragionevoli e competitivi.

    La Germania, che è il primo paese manifatturiero d’Europa, produce circa il 40% dell’elettricità a casa propria con il Carbone.

    Forse sarebbe ora di smetterla con le visioni fuorvianti che possono solo causare un grave e concreto danno al Paese Italia ed i MEDIA dovrebbero fare un opportuno ed utile sforzo di approfondimento per correttamente informare il comune cittadino.

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