Fase2: ristorazione in ginocchio e qualcuno pensa di non riaprire

BRINDISI – (da il7 Magazine) L’ultima volta che hanno servito un piatto a tavola è stato circa due mesi fa. Dall’8 marzo i fornelli sono spenti, e chissà quando e se saranno riaccesi. L’Italia pensa alla fase due, quella post emergenza Coronavirus, ma molti settori sono ormai in ginocchio e soprattutto hanno difficoltà a rialzarsi e a vedere un futuro roseo. Tra questi c’è quello della ristorazione e delle pizzerie. Saranno gli ultimi a riaprire, secondo le ultime notizie potrebbero alzare le saracinesche intorno al 18 maggio, ma tutto è un interrogativo: spazi, distanze, modalità, protezioni. E poi c’è il grande dilemma: tornerà la gente a frequentare ristoranti, bari e locali pubblici? La Fipe Confcommercio tra ristorazione, catene, servizi bar, stabilimenti balneare e discoteche ha previsto in tutta Italia la possibile chiusura di 50mila imprese con la perdita di 300mila posti di lavoro. Tanti imprenditori stanno valutando di non riaprire, almeno non a queste condizioni. Anche a Brindisi tra i ristoranti c’è qualcuno che mette in conto questa possibilità. “Al 90 per cento non riapro più – afferma Attilio Lorenzini, titolare del ristorante L’Agorà in piazza Mercato – non possono riaprire l’attività con questi presupposti. La pandemia potrebbe tornare ad ottobre e novembre e dovremo richiudere, come posso indebitarmi per aprire solo tre mesi. Non ha senso”. Lorenzini lavora nel campo della ristorazione da 34 anni, ha trascorso una vita tra sala e cucina. “Devono cambiare le condizioni – spiega ancora – abbiamo problemi con gli affitti e con le utenze, già ora sono arretrato di tre mesi e bisogna mettere in conto che avremo meno guadagni. Io posso ospitare ora 50 coperti ma con il distanziamento ne potrò fare massimo 18. E come faccio a far quadrare i conti”. Il suo ristorante è in un locale comunale dove paga 2mila euro al mese, ormai si arretrato di tre mesi con l’affitto. “Eravamo già reduci di un inverno critico – aggiunge – ora siamo in ginocchio. In questo periodo sto anche aiutando il mio dipendente che non ha ancora ricevuto un centesimo della cassaintegrazione. Nella sua casa è stata tagliata la corrente elettrica ed ha cinque figli. Se non apro resterà senza lavoro. Io poi non ho visto neanche un soldo del bonus di 600 euro. Non la vedo per niente bene, penso di mollare tutto”.

Non è l’unico ad essere spaventato per il futuro. “Ho due mesi di fitto arretrato e mi è arrivata anche una bolletta di energia elettrica da 1300 euro, non so se riaprirò più”, è scoraggiato Luigi Minghetti, titolare del ristorante il Capitano sul lungomare Regina Margherita. Prima di lui era ristoratore suo padre. Paga 2500 euro d’affitto al mese. “Per ora i proprietari del locale sono stati pazienti – dice – non mi hanno chiesto ancora nulla, ma dovrò pagarli. Abbiamo dei costi fissi di gestione e già alla riapertura partirò con minimo 7mila euro di debito. Dicono che le banche ci potranno anticipare della liquidità, ma significa indebitarsi e non sappiamo neanche se riusciremo mai a pagare. Non solo dovremo restringere i posti per rispettare il distanziamento, ma ho il timore che la gente non venga. No riusciremo a ripartire”. Minghetti ha sei dipendenti, anche loro non hanno ancora ricevuto la cassaintegrazione nonostante la domanda sia stata accettata da tempo. “Io non ce la faccio più – conclude – e  prendo in considerazione la possibilità di chiudere. Mi dovrò reinventare”.

C’è chi invece non vede l’ora di riaprire come Francesco Martina  che con la moglie Gina Ciampa gestisce la pizzeria “La piazzetta”  in piazza Mercato. “Abbiamo gli spazi sufficienti per rispettare la distanza di sicurezza – dice Martina – l’importante è che ci facciano riaprire. Le nostre attività hanno spese giornaliere e ci vorrà tanto per recuperare. Servono più spazi, speriamo che l’amministrazione pubblica autorizzi aree gratuite per poter garantire maggiore sicurezza così che la gente si senta tranquilla nel frequentare i locali pubblici”.  La  richiesta di concedere suoli pubblici abbattendo i costi è stata presentata anche in un ordine del giorno dai consiglieri comunali di Forza Italia Brindisi Roberto Cavalera e Gianluca Quarta. Per il momento l’amministrazione comunale non ha adottato nessun provvedimento. “Stiamo attendendo di conoscere le disposizioni dal governo nazionale – afferma Oreste Pinto, assessore alle Attività Produttive – per poter assumere qualche decisione. Siamo comunque consapevoli che saranno necessari maggiori spazi pubblici, dove sarà possibile. Intanto l’intenzione è quella di prorogare il vecchio regolamento, con un rinnovo delle vecchie concessioni e l’autorizzazione di nuove”. Per ora di togliere il pagamento del suolo pubblico non se ne parla, il Comune di Brindisi deve fare sempre i conti con il pre dissesto. “Potremo valutare – spiega Pinto  – la possibilità di diminuire o togliere le tasse a fronte di alcuni servizi in nome del baratto amministrativo”.

Lucia Portolano

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