“Lu ciucciu porta la pagghia e iddu stessu si la ragghia”

Nel corso della presentazione del Dossier di Legambiente dal titolo “Brindisi: una storia sbagliata e…… una vertenza da costruire” il Sindaco Mimmo Consales ha evidenziato, entrando nel merito, le preoccupazioni espresse da Legambiente e riportate nel dossier, circa, per così dire, la grande nebulosità che circonda l’Accordo di Programma per la bonifica del SIN di Brindisi, firmato da Ministero e Enti locali in data 18/12/2007.

Legambiente ha riportato, in maniera forte, le proprie perplessità in merito all’efficacia dell’Accordo che, ad oltre cinque anni dalla firma, appare esclusivamente mirato alla acquisizione da parte del Ministero dell’Ambiente, di fondi la cui destinazione non è quella relativa alla bonifica della falda inquinata della zona industriale di Brindisi ed ancor meno, di quella della zona agricola.

Il Ministero, attivando la strategia del danno ambientale, attraverso l’Accordo di Programma, ha indotto le aziende che, a seguito della caratterizzazione chimica delle matrici ambientali suolo, sottosuolo e falda, hanno rilevato la presenza di inquinamento, inteso come superamento dei limiti di concentrazione degli analiti previsti, a sottoscrivere un atto transattivo con il quale le aziende si impegnano, riconoscendo, sostanzialmente, il “danno ambientale” prodotto, a versare fra 6,5-7,2 € per metro quadrato di superficie di proprietà.

Il Sindaco ha riferito che ad oggi le aziende che hanno transato con il Ministero, hanno versato circa 25 milioni, tutti transitati nel così detto “fondo Letta”, a meno di soli 500.000 € girati al Ministero dell’Ambiente; tale cifra ci risulta del tutto realistica in virtù del fatto che ad oggi si è a conoscenza che solo Enel Produzione, Edipower e Sanofi Aventis, fra le grandi aziende, hanno sottoscritto il contratto di transazione che impegna lo stesso  Ministero all’utilizzo dei fondi per la bonifica del SIN di Brindisi, ameno così sembra essere riportato nel contratto di transazione.

In particolare, avendo Legambiente chiesto ed ottenuto la costituzione di parte civile per il processo in corso per il carbonile ed il nastro trasportatore ed avendo avuto la possibilità di accedere agli atti, si è potuto rilevare che l’atto transattivo fra Enel e Ministero, a meno di riduzioni sulle quali avremo modo di tornare, comporta per Enel un esborso di 35.799.841,20 €; tanto vale, per il Ministero, il “danno ambientale” prodotto dall’Enel sul territorio di Brindisi.

Cifra che Legambiente ritiene irrisoria e che, fra l’altro, viene così distribuita: 5.799.841,20 € “per oneri e competenze spettanti all’avvocatura dello stato di Lecce” ed i restanti 30 milioni da pagare in 9 rate, senza interessi, di cui le prime tre da 7 milioni e le restanti sei da 1,5 milioni a partire dal giugno 2011; ad oggi Enel dovrebbe aver versato al Ministero dell’Ambiente 14 milioni (anno 2011 e 2012) più gli oneri per l’Avvocatura dello Stato. Questi ultimi costituiscono una vera incongruenza e dimostrano come non vi sia alcun rispetto per la dignità di questo territorio da parte dello Stato sovrano; ci pare utile un vecchio proverbio brindisino che afferma: “lu ciuccio porta la pagghia e iddu stessu si la rragghia” in quanto ben il 16,2 % di quanto dovuto dall’Enel per il “danno ambientale” prodotto ritorna allo Stato e ciò in barba a tutti i problemi ambientali e sanitari che l’inquinamento ha prodotto sul territorio.

Legambiente non intende fare in conti in tasca a nessuno ma rileva che gli atti transattivi, sono atti pubblici proprio ai sensi del DL 208/2008, convertito con la L. 13/2009, che dedica l’art. 2 proprio al “danno ambientale”; infatti, non risulta dall’albo pretorio comunale, come riportato al comma 1 dell’art. 2, che a seguito degli atti transattivi effettuati da Ministero dell’Ambiente con ENEL, Edipower, Sanofi Aventis, ecc. sia stata effettuata alcuna forma di pubblicità per rendere noto e pubblico l’atto transattivo.

Per tale ragione il Comune ed i Cittadini, comprese ovviamente le Associazioni ambientaliste, non hanno potuto esercitare il diritto di “commento sullo schema di contratto”, come riportato all’art. 2, comma 2 del medesimo DL. 208/2008. 

Questo è un ulteriore elemento rafforzativo rispetto a quanto già riportato da Legambiente nel proprio dossier che, oltre ad aver definito e dimostrato quanto l’Accordo di Programma sia effimero e paradossale, evidenzia come questo abbia perso ogni significato in merito alla dichiarazione di  “pubblica utilità (ai sensi dell’art. 34 del DL 267/2000)  e si debba dichiarare decaduto; infatti, tale dichiarazione cessa di avere efficacia se le opere non hanno avuto inizio entro tre anni e l’Accordo per la bonifica dell’area SIN di Brindisi è stato sottoscritto in data 18/12/2007 e ad oggi, a distanza di oltre 5 anni, l’opera idraulica prevista non ha ancora avuto inizio neppure nella progettazione definitiva. 

Né il tanto acclarato dal Ministero DM 308/2006 può soccorrere le transazioni effettuate e lo stesso Accordo, in quanto l’art. 2 prevedeva che fosse il Ministero beneficiario delle transazioni relative al “danno ambientale” in mancanza di un disciplina (legge) regionale; ciò ad oggi non è più vero per la Regione Puglia in quanto ha approvato il “Piano Regionale delle Bonifiche”, (BURP n. 124 del 09/08/2011) e proprio in virtù di quanto riportato dal Dlgs 152/2006 (Testo Unico Ambientale) all’art. 199 comma 6 che testualmente recita: “L’approvazione del piano regionale o il suo adeguamento e’ requisito necessario per accedere ai finanziamenti nazionali”.

In definitiva, riteniamo che l’Accordo abbia perso ogni valenza normativa ed istituzionale e che sia necessario aprire un tavolo tecnico e politico con la sola Regione Puglia, traguardando verso una  politica di gestione del territorio totalmente diversa dall’attuale, con la realizzazione di un’Area Produttiva Ecologicamente Attrezzata (APEA), che veda il Comune e le aziende insediate nella zona industriale, artefici della politica gestionale dell’area industriale, introitando, fra l’altro, tutte le risorse già versate per “danno ambientale” dalle aziende al Ministero a seguito dell’Accordo.

Risorse finanziarie che permettano, attraverso la costituzione di una società che abbia come primo promotore lo stesso Comune di Brindisi e le aziende insediate nell’area industriale, il miglioramento dei processi esistenti di governance e la costituzione di un management qualificato ed avulso dai soliti giochetti politici.

In definitiva ed anche in virtù dell’approvazione della legge sulle semplificazioni e della necessaria riduzione della spesa relativa agli Enti economici esistenti, si ritiene di poter proporre, per l’area industriale di Brindisi, una A.P.E.A. che rappresenti un’area dotata delle infrastrutture e dei sistemi necessari a garantire la tutela della salute, della sicurezza e dell’ambiente, la valorizzazione della stessa area e delle aziende insediate, con una maggiore propensione a nuovi insediamenti ad “impronta ecologica” sostenibile con l’esistente.

E’ evidente che con una “gestione” oculata i benefici ricadranno su tutto il mondo del lavoro che opera all’interno di A.P.E.A., su quello che vi orbita intorno e sulla stessa comunità pubblica locale che, per la propria lungimiranza, avrà messo in moto economie di sistema in grado di migliorare anche la sostenibilità ambientale dell’iniziativa.

I miglioramenti dei processi di governance saranno il volano per attrarre insediamenti compatibili con l’ambiente ed in grado di produrre nuovo lavoro, nuove occupazioni ed evitando migrazioni di giovani, attivando concretamente le politiche della green economy.

In conclusione si ritiene che il Comune di Brindisi ha la possibilità di invertire la rotta della “gestione” dell’area industriale, abbandonata al destino di una burocrazia lenta ed inconcludente e di predisporre una svolta nella propria “governance” mirata alla salvaguardia della salute, della sicurezza, dell’ambiente oltre che all’aumento dell’attrattività industriale dell’area e della competitività delle aziende insediate.

Infine, appare opportuno far riferimento ad un’intervista rilasciata dal prof. Pirro in merito al rigassificatore ed alla convinzione che sia impossibile a Brindisi far “convivere ambiente e sviluppo industriale”; dichiarazione che rappresenta grettezza intellettuale ed incapacità di produrre proposte, come invece fa Legambiente.

Inoltre, il prof. Pirro, definendoci estremisti ambientalisti ed antindustrialisti in servizio permanente effettivo, egli sì in servizio permanente agli interessi aziendali, volutamente dimentica la sentenza del Tribunale di Brindisi che ha individuato gravissimi reati penali e comportato la confisca di Capo Bianco.

In merito poi al “lancio di una sfida” legata alla proposta di un rigassificatore “on bord” o “off shore” è evidente che oggi, a distanza di oltre 10 anni dall’unico progetto presentato, si è di fronte ad una boutade niente affatto costruttiva che altri hanno avanzato in passato quando poteva essere discussa come alternativa possibile e che gli industrialisti, che Pirro chiama a raccolta, hanno fieramente rigettato.

Basterebbe che il prof. Pirro si informasse in merito al mercato ed ai costi del gas per darsi, se è capace di analisi serene, una risposta in merito ai contenuti ed ai tempi di fattibilità della sua più che tardiva proposta. Nessun altro commento è necessario.

Legambiente si rivolge e continuerà a farlo proprio in virtù di una necessaria riconversione e riqualificazione dell’area industriale, a quella parte del mondo industriale che non può essere rappresentata dal prof. Pirro e che intravede, invece e razionalmente, opportunità di crescita imprenditoriale compatibile con un ambiente risanato ed in grado di attrarre.

prof. dott. Francesco Magno

                                                                          (direttivo Legambiente)

1 Commento

  1. Certo che è il mondo è strano.. Uno come Magno che si arricchisce con la chimica, che passa 30 anni della sua vita a servizio del Petrolchimico e poi si scopre ambientalista! Ma la smetta di prenderci in giro tutti..

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