Sequestro di selvaggina nel porto, cacciatore sbarca dal traghetto con nove esemplari di specie protetta

BRINDISI- Sequestro di selvaggina nel porto di Brindisi, cacciatore sbarca dal traghetto con nove esemplari di specie protetta.

In un’operazione interforze condotta congiuntamente ai Funzionari della Dogana di Brindisi ed a Personale della Guardia di Finanza, il Corpo Forestale dello Stato ha effettuato il sequestro di numerosi capi di selvaggina considerata non cacciabile ai sensi della normativa vigente e proveniente dalla Grecia.

Foto 2 - i capi di di selvaggina abbattuti portati al seguito dal cacciatoreNel corso dei controlli di rito effettuati sui viaggiatori sbarcati da una nave che segue la rotta Brindisi- Grecia, è emerso che T.P., 50 anni, titolare di porto d’armi ad uso caccia e di un fucile da caccia regolarmente detenuto, era appena sbarcato portando con se una cospicua quantità di capi di selvaggina abbattuta.

Lo stesso cacciatore dichiarava di trasportare selvaggina cacciata in Grecia, ma una volta effettuati i controlli i militari hanno scoperto che alcuni dei  capi importati appartenevano a specie considerate non cacciabili ai sensi della normativa nazionale vigente in materia, la L. 157/92, oltre che protette in base a normative, convenzioni e direttive internazionali.

I Forestali intervenuti per effettuare il riconoscimento hanno infatti verificato che, oltre alla selvaggina considerata cacciabile e  regolarmente detenuta da T.P., erano presenti nove esemplari di uccelli dichiarati protetti.

 Per al precisione, nel carniere  sono stati rinvenuti un Codirosso spazzacamino, uccello di piccole dimensioni così chiamato per il colore grigiastro del suo corpo con l’eccezione della coda, di colore rosso-arancio; tre esemplari di Fringuello, specie non cacciabile oggetto fra l’altro di un recente sequestro effettuato dai Forestali a carico di un cacciatore della provincia; ben cinque esemplari di Tottavilla, una piccola specie appartenente alla famiglia degli Alaudidi, a cui appartiene anche la ben più nota e comune Allodola, che rappresenta l’unica specie cacciabile della Famiglia.Foto 3 - Tottavilla

 Questi piccoli uccelli, delle dimensioni variabili fra i 14 e i 15 cm e del peso massimo di 27 grammi, recavano tutti, inequivocabilmente, i segni di abbattimento con arma da caccia ed erano pertanto, con ogni evidenza, il risultato di un’azione venatoria.

Anche se non è stato possibile addebitare  all’uomo l’abbattimento dei piccoli volatili, gli è stata comunque contestata la detenzione, espressamente vietata ai sensi della normativa italiana ed internazionale.

  L’uomo è stato così  iscritto nel registro degli indagati, mentre la selvaggina è stata sequestrata e distrutta.

  Quello del controllo sull’attività venatoria effettuata fuori dei confini nazionali da parte di cacciatori ‘trasfertisti’ che si recano all’estero è un’attività che il Corpo Forestale dello Stato, di concerto con elle altre Autorità preposte, prevede di intensificare nei giorni che seguiranno, stante il perdurare della stagione venatoria nella vicina Grecia, in cui sarà possibile cacciare fino al 20 febbraio, in un periodo cioè in cui la caccia è preclusa sul nostro territorio nazionale (in Italia la caccia si è infatti chiusa lo scorso mese di gennaio). E’ pertanto prevedibile che molti seguiranno le orme di T.P. e si recheranno a cacciare al di fuori dei confini nazionali, portando poi in Italia i capi di selvaggina cacciati.

Si renderà quindi necessaria una serie di controlli volti ad accertare la legittimità delle importazioni degli animali abbattuti, controlli che dovranno prevedere, oltre alla verifica preliminare dei requisiti necessari per l’effettuazione dell’attività venatoria, anche l’attento riconoscimento delle specie presenti nei carnieri ai fini dell’accertamento della loro inclusione o meno fra le specie di cui la normativa nazionale vieta la detenzione.

I reparti del Corpo Forestale dello Stato che operano in una provincia come quella di Brindisi, nel cui porto attraccano molti traghetti provenienti dalla Grecia e da altre nazioni d’oltre Adriatico, devono infatti effettuare una simile attività. Ne va della conservazione di specie oramai rare che costituiscono patrimonio comune dell’Italia e di altri Paesi, dei quali concorrono a tenere alta la ricchezza e la complessità biologica, garantendo in questo modo il perdurare di quei preziosi equilibri che l’attuale stato di degrado dei territori ha reso sempre più meritevoli di tutela.

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