Dalla Somalia a Brindisi: un viaggio tra la speranza e il dolore

BRINDISI – Molti dei migranti somali giunti mercoledì pomeriggio a Brindisi, a bordo della nave mercantile battente bandiera delle Bahamas, avrebbero già preso le vie che portano verso il nord Europa. Sono queste le ultime notizie che giungono dal Cara di Restinco e dal Green Village di Carovigno, strutture individuate dalla Prefettura di Brindisi per alloggiare temporaneamente i profughi. La prova dell’accoglienza offerta al terminal di Costa Morena mercoledì pomeriggio dagli attori istituzionali, dalle associazioni e dalle forze dell’ordine chiamate in occasione dell’arrivo del cargo, comunque, è stata superata a pieni voti da tutti: le operazioni di sbarco, di identificazione e di primo soccorso si sono svolte senza intoppi, rivelando una sinergia tra le varie componenti della macchina messa in piedi per l’occasione che qualcuno pensava fosse molto difficile da raggiungere.

Una specie di prova d’orchestra per quello che potrebbe avvenire da qui a poco, stando a quanto sta succedendo pochi chilometri più a sud di noi. Il bilancio finale della missione di salvataggio ha registrato a verbale 114 migranti imbarcati dal mercantile a largo della Libia, 45 dei quali minori, 11 donne, 3 delle quali incinte. Le condizioni di salute in cui i medici e i soccorritori del 118 e della Croce Rossa Italiana hanno trovato i profughi sono, tutto sommato, vista la traversata affrontata, buone. Solo in 4 sono finiti all’ospedale Antonio Perrino di Brindisi: una donna per problemi legati a un recente parto, effettuato in Africa, prima della partenza; due uomini ricoverati presso il reparto di malattie infettive per una sospetta scabbia; un minore ristretto in isolamento perché accusava i sintomi di una possibile tubercolosi.

Nonostante la difficoltà di comunicazione dovuta alla diversità di lingua, tanti piccoli aneddoti hanno costellato le ore durante le quali il gruppo di migranti è venuto a contatto con i soccorritori e le forze dell’ordine: dal ragazzo che alla vista del simbolo della Croce Rossa spicca un sorriso di sollievo, quasi a voler dire “sono in buone mani”, alle tante storie di ordinario dolore raccontate a gesti che diventano l’idioma universale comprensibile a tutti. Il viaggio della speranza dei 114 migranti recuperati a largo della Libia, infatti, è cominciato molto prima che questi vedessero il mare che li avrebbe portati in Italia: una traversata del Sahara vale, forse, mille viaggi tra le onde in quanto a durezza delle condizioni da affrontare e dispendio di energie fisiche e mentali.

Una volta arrivati lungo le coste dei paesi di partenza, prima di essere imbarcati sui gommoni come capi di bestiame destinati al macello, le angherie dei loro carnefici, gli scafisti ma anche uomini in divisa che non onorano l’uniforme che indossano, sembrano rappresentare una sorta di passaggio obbligato, prima dell’agognata libertà: funzionari corrotti fanno affari coi trafficanti di uomini e, quando i soldi non bastano, c’è sempre qualche fanciulla da offrire loro in sacrificio per ottenere il lasciapassare verso la “terra promessa”. Saliti a bordo, poi, la storia si ripete uguale a se stessa, ogni volta. Fino alla meta finale, lontano da casa ma anche da Lampedusa, da Brindisi, dall’Italia.

Maurizio Distante

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