Incendio villetta, Scarfone morto a causa delle ustioni

MESAGNE – Incendio villetta, Scarfone morto a causa delle ustioni.

Ustioni di terzo e quarto grado sul 70% del corpo: è questo che ha determinato la morte di Dominique Scarfone. A stabilirlo, l’esame autoptico condotto nella giornata di ieri dal medico legale, il dottor Antonio Carusi.

Sarebbe emerso proprio questo dall’autopsia condotta sui resti del 44enne calabrese morto nella prima mattinata del 24 giugno scorso durante un incendio nella villetta in contrada Tagliata a Mesagne e avvenuta alla presenza di un incendio villetta mesagne 4consulente della famiglia Scarfone, Roberto Vaglio.

Questi i risultati di una prima fase di indagine: seguiranno ora le analisi sui campioni biologici, che dovranno dimostrare se e in quali quantità l’anidride carbonica nel sangue abbia potuto incidere sul decesso del calabrese.

Ad appiccare l’incendio, insieme alla vittima, sarebbe stato Girolamo Gullace, 25enne calabrese che insieme a Scarfone aveva intenzione di metter fuoco all’abitazione. Erano tornati a Mesagne nella stessa notte della morte di Scarfone proprio per incendiare la villetta di Maurizio Tanzarella, una autotrasportatore mesagnese da tempo residente a Parma. Una casa in cui tornavano perché era da tempo che, seppur senza un vero e proprio contratto di locazione, i due e altre persone (sempre dipendenti di una ditta che si occupa di manutenzione e ricariche telefoniche) utilizzavano l’abitazione già nel 2014. Quasi illeso dall’incendio ne è uscito Girolamo Gullace, collega di Dominique Scarfone: ancora oggi il 25enne si trova in carcere a Brindisi con l’accusa di incendio doloso aggravato e di morte conseguente da altro delitto, ma lo scenario deve essere ancora ricostruito.

Per gli inquirenti, infatti, non appaiono chiari e credibili né il movente né i legami che i due, originari di Rosarno e Gioia Tauro, avrebbero avuto con la città di Mesagne. Continuano infatti a scavare per trovare collegamenti e prove che dimostrino legami più solidi tra la città e Scarfone, che a Mesagne era di casa per via del lavoro come responsabile di una società di manutenzione macchinette per ricariche telefoniche.

Un crimine che era destinato a consumarsi in una sola notte si è trasformato in un probabile vaso di Pandora: una volta aperto, sarà difficile richiuderlo senza ulteriori conseguenze.

Agnese Poci

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