La provincia di Brindisi verso lo spopolamento: in 4 anni persi oltre 10mila abitanti

INTERVENTO/ L’andamento demografico della popolazione residente in Provincia di Brindisi, correlato ai dati ISTAT ed al rapporto SVIMEZ 2020, in ragione delle dinamiche naturali e quelle migratorie, esprime una nitida fotografia di una provincia sempre più svuotata, con una preoccupante prospettiva demografica di spopolamento. I numeri parlano chiaro: tra il 2015 ed il 2019, perdendo più di mille abitanti ogni anno solo nel saldo tra nascite e morti e l’emigrazione di migliaia di persone, si sono complessivamente persi in provincia di Brindisi 10265 abitanti – residenti. In termini percentuali, ciò rappresenta il peggior dato della regione Puglia, continuando questo trend in negativo la nostra provincia corre spedita verso uno spopolamento inesorabile e ineluttabile che è né più e né meno una sentenza di morte per un pezzo d’Italia. Il nostro territorio è come un ferito grave che giace a terra sanguinante: se non si interviene rapidamente per bloccare l’emorragia che sta svuotando i centri, da quelli più popolati a quelli più piccoli, quella di Brindisi è una morte sociale ed economica tristemente annunciata. E non si può puntare il dito contro i giovani, spesso accusati ingiustamente di non volersi assumere le proprie responsabilità o di non avere la stessa tempra delle generazioni che hanno fatto grande il Paese: avere un figlio, specie dalle nostre parti, è sempre più un lusso e pensare di averne due è semplicemente una follia, nella nostra zona, tenendo anche in conto, poi, che chi nasce nel Brindisino cresce con la quasi certezza di dover andar via, a causa del fatto che difficilmente vedrà riconosciute le proprie capacità.

La novità del fenomeno dell’emigrazione oggi è rappresentata dalla scelta di lasciare la propria terra per andare all’estero, un aspetto che adesso incide molto di più rispetto al passato. Paesi diversi dall’Italia sono diventati la meta non solo dei laureati, protagonisti della sempre attuale fuga dei cervelli, ma anche e soprattutto dei giovani disoccupati o occupati con paghe e orari non in grado di consentire una vita dignitosa.

Lo diciamo perché all’estero ci sono tanti ragazzi della provincia che si spostano verso l’Olanda e l’Inghilterra, tra le mete più gettonate nei più giovani per l’esperienza “melting pot”: lavorano in bar e cucine ma fanno anche i riders per arrotondare, lavori che non richiedono preparazione scolastica specifica o esperienza sul campo ma che molto più semplicemente vengono meglio retribuiti rispetto a quanto accade in Italia.

Questo fenomeno era molto forte negli anni ’70 e ’80, quando i giovani dell’epoca emigravano in Germania e Inghilterra per fare lavori non specialistici: erano i cosiddetti “camerieri d’Europa”, termine usato in maniera denigratoria poiché i nostri connazionali erano gli stranieri, erano gli immigrati, un contrappasso che qualcuno fatica a contestualizzare oggi quando si guarda all’immigrato che arriva in Italia. Negli anni ’80 e ’90 le cose cambiarono e si riuscivano a trovare dei buoni lavori nel Nord Italia: giovani ma anche adulti non soddisfatti dei propri impieghi si trasferivano soprattutto in Emilia Romagna e in Lombardia. Anche questa situazione, però, ha avuto successivamente un rimbalzo negativo, a partire dalla crisi del 2007, da quando anche un lavoro nel Nord Italia, benché pagato meglio, sempre più spesso non permette di vivere dignitosamente o di azzardare un percorso di vita di coppia che sfoci in una famiglia.

Sono in arrivo nuovi sgravi per chi assume i giovani al Sud ma non sono i primi, ne abbiamo visti tanti e tutti di ottima fattura, anche per cercare di “mettersi in proprio”: penso a “Resto al Sud” o alle iniziative della Comunità Europea e della Regione per incoraggiare le iniziative imprenditoriali.

Tutti ottimi incentivi che però non sono la soluzione, poiché il problema è strutturale: come CGIL Brindisi, anche unitariamente con tutte le Parti Sociali, abbiamo messo in campo le nostre competenze per individuare i corretti percorsi da seguire per rompere questa catena che inevitabilmente porta a un solo risultato, quello di impoverire il tessuto sociale, economico e imprenditoriale della nostra provincia. Con la giusta transizione energetica per un’industria finalmente sostenibile e l’idrogeno verde come auspicio per un futuro Green, lanciando l’idea di una piattaforma per intercettare i fondi europei come il Next Generation UE o il Recovery Fund, abbiamo rimesso in primo piano i settori in crisi, Industria, Welfare, Scuola, Ricerca e Università, Turismo, Commercio, Tessile, Edilizia: eccellenze che incontrano sempre più difficoltà, così come fondamentale è investire sull’Agricoltura e su tutta la filiera Agroalimentare.

Porto e aeroporto sono i pilastri sui quali fondare la rinascita di Brindisi. La questione cultura, poi, è cruciale: abbiamo redatto una nostra agenda che abbiamo girato all’assessore regionale alla Cultura Massimo Bray e che contiene le strategie per continuare a creare lavoro e opportunità di impresa, nella consapevolezza delle incertezze sul futuro dei comparti economici basati sul “flusso di persone”. La disponibilità al confronto e alla collaborazione della Cgil Brindisi su questi e altri temi è totale.

Abbiamo proposte importanti, insomma, per mettere in piedi un processo di reale sviluppo, anche se cerchiamo la stessa nostra forza e spinta propulsiva negli interlocutori che cerchiamo di stimolare.

Intanto, la provincia di Brindisi, con i suoi borghi bellissimi nell’entroterra e la sue spiagge incastonate nel Paese più bello del mondo sulla costa, rimane un bel luogo dove crogiolarsi ad agosto ma da lasciare e scappare via se si è nati in questa zona. Le vacanze di agosto sono buone per il turismo di massa, poiché il cosiddetto “turismo di ritorno”, quello di chi è andato via per trovare lavoro e ci è rimasto, ci racconta che molto spesso non si ritorna: negli anni chi è emigrato al Nord o all’estero ha visto anche lì il suo potere di acquisto assottigliarsi e le vacanze nella terra d’origine, che prima erano in media di un mese, negli ultimi anni sono di appena una settimana, quando va bene. Sempre più spesso, ormai, vengono rimandate a tempi migliori che puntualmente non arrivano.

Vediamo politici, o presunti tali, stracciarsi le vesti contro lo “Ius soli” e inveire contro gli immigrati, come se questo fosse il principale problema di un Paese che non cresce quanto dovrebbe. Analizzando la situazione sociale nella nostra zona, si scoprirebbe facilmente che una famiglia su due è a rischio povertà: piuttosto che puntare il dito su un’immigrazione che non nuoce in nessun modo al tessuto economico della provincia, bisogna rendersi conto che siamo una terra di emigrazione.

Da Brindisi, giovani e non solo se ne vanno emettendo anche una condanna senza appello contro il sistema Paese che non va incontro alle loro esigenze di vita, perché oggi il lavoro come elemento fondamentale di cittadinanza, come diritto inalienabile, è sempre meno in primo piano, perché al di là del fatto che sia lo strumento che consente di essere autonomi è anche la dimensione in cui ciascuno realizza se stesso, in cui uno può pensare di mettere al mondo dei figli.

Siamo di fronte a un giudizio insindacabile. Ormai chi vuole elevare la sua condizione non si chiede neanche perché non ha diritto agli stessi mezzi e alle stesse opportunità delle persone che vivono nel resto d’Europa, al lavoro, soprattutto, parte e basta e va vivere altrove, senza aspettarsi nulla oltre a sopravvivere sbarcando il lunario come meglio si può: tutte le nostre energie devono essere spese per cambiare questo paradigma, le Istituzioni – Europa, Governo e Regione – non si girino dall’altra parte e avviino un urgente piano straordinario di investimenti.

Antonio Macchia, segretario generale Cgil Brindisi

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