L’impresa di tre amici: in moto sino all’Himalaya

BRINDISI – (da il7 Magazine) Mille e quattrocento chilometri per raggiungere una delle vette più alte del mondo, un viaggio in moto che ha il sapore di un’impresa quello appena portato a termine da un brindisino e i suoi due amici sino alla cima dell’Himalaya. Giuseppe Carrozzo, 54 anni, con i suoi amici, Mimmo Carone, anche lui di Brindisi, e Antonio Gennari di Manduria, hanno unito la passione per le moto a quella per i viaggi ed il 14 giugno scorso hanno intrapreso questa avventura che si è conclusa lo scorso 30 giugno.

 “E’ una passione nata quando ero bambino- racconta Giuseppe Carrozzo, dipendente di A2A-  Ad otto anni ho avuto il mio primo motorino ma dal 2008 mi dedico al moto turismo, ho girato tutta l’Europa che oramai conosco benissimo. Nel 2016 sono stato a Capo Nord, una meta molto ambita dai motociclisti. Quest’anno invece ho scelto l’India”.
 Il viaggio è stato lungo e complicato ed ha richiesto anche una preparazione fisica, tecnica e organizzativa nella quale tuttavia non si poteva tener conto degli imprevisti.
 “Abbiamo percorso in moto 1400 chilometri in moto- racconta Giuseppe-  Siamo partiti dall’Italia in aereo raggiungendo Nuova Delhi , da lì ci siamo spostati in taxi sino a Manali, 15 ore di percorrenza per raggiungere la meta. Una volta arrivati   abbiamo preso le moto, che avevamo già prenotato,  ed è iniziata l’avventura”.
Giuseppe, Mimmo e Antonio hanno cominciato da lì la loro avventura in un paese straniero e tanto diverso dal nostro per cultura, storia e tradizioni.
 “E’ stato duro, molto duro, perché sono venute fuori tantissime situazioni che abbiamo dovuto affrontare, sinceramente mi sono trovato davanti a cose che andavano un po’ oltre quella che era la mia aspettativa- dice-  In India ci sono le strade più difficili, più pericolose  del mondo , dicono i social ed è vero. Noi lo abbiamo costatato, sono stradine e sentirei sterrati. Su mille e quattrocento chilometri, solo il quindici per cento è asfalto, il resto è fango, pietraie , guadi di fiume. Su queste strade larghe circa due metri e mezzo, circola di tutto. Dai camion, ai pullman, agli animali, davvero  di tutto, con una regolamentazione che non è quella nostra,  dove ad esempio siamo abituati ad avere la precedenza, il rispetto dello stop. Lì l’approccio è ben diverso, tendono ad occupare tutto lo spazio possibile ed immaginabile, un caos incredibile di mezzi, gente e animali, si ha l’impressione di rimanere intrappolati ma di fatto è solo un caos  apparente perché sembra di essere fermi ma poi tutto si sblocca e si continua a viaggiare”.
 Nel loro viaggio, Giuseppe e gli amici, hanno toccato diverse tappe, hanno conosciuto luoghi mai visitati prima dove non sono mancati gli imprevisti.
 “Ogni sera avevamo una tappa differente, abbiamo toccato Manali, Gispa, Sarku, Diskit, Pang , sono tutte località poste ad altezza notevole, il paese più basso è Manali che  si trova a duemila metri- racconta-  Abbiamo raggiunto i cinquemila e seicento metri, il passo carrabile più alto al mondo il Kardon Gla. Quando siamo arrivati su quel passo c’era una forma di entusiasmo e euforia che investiva tutti. Quel luogo non ha pari, con tutte le persone che erano lì era come se si conoscessimo tutti e in realtà era la prima volta che le incontravamo,  magari erano arrivate in moto, in macchina piuttosto che in pullman, ed invece ci siamo ritrovati a condividere un traguardo, una meta. Ci siamo scambiati  abbracci e foto. E’ stato bellissimo”.
 L’impresa non è stata semplice e per qualcuno non sono mancati i momenti di scoraggiamento anche se nessuno sul momento ne ha parlato. “Personalmente non mi sono mai scoraggiato di fronte alle difficoltà, io no, ma i miei amici lo hanno pesato ci hanno pensato e  me l’hanno confessato al ritorno- rivela Giuseppe-  Uno di loro ha avuto qualche problema a causa del mal di montagna, era raffreddato ed magari ha pensato di non farcela ma non l’ha detto. Per affrontare un viaggio simile c’è bisogno di preparazione fisica ma anche organizzativa anche se poi qui si vive alla giornata in base alle difficoltà e all’esperienza del momento. Noi abbiamo cominciato a prepararci ad ottobre dello scorso anno. Nonostante questo, quando siamo arrivati abbiamo dovuto affrontare tante cose non previste. Ci vuole spirito di adattamento. L’India ha una situazione socio culturale molto diversa dalla nostra e bisogna avere una predisposizione anche ad affrontare delle situazioni legate all’igiene, all’alimentazione, alla presenza degli animali che sono considerati sacri. Anche  per la religione hanno un approccio molto forte, quando vedi un indiano che sta pregando hai proprio quella sensazione”.
 Tra le esperienze più belle Giuseppe racconta quella legata a Piskit dove c’è uno dei Budda più alti al mondo. “Siamo stati a Piskit dove c’è un Budda di 40 metri che domina tutta la valle, da qualsiasi punto tu ti metta lo vedi. Era impressionante.
  E’ un viaggio che consiglio a tutti i motociclisti ma non solo a loro ma a tutti coloro che amano l’avventura che hanno una certa predisposizione a vivere queste esperienze forti.
 “C’è una cosa che in qualche modo mi ha toccato il cuore- dice ancora Giuseppe- ho visto tante giovani mamme, molto giovani che camminavano con i bambini in braccio, bimbi smagriti e sotto peso. Sono cose che fanno riflettere”.  Questo viaggio, come ogni viaggio, ha lasciato una traccia in Giuseppe e nei suoi compagni di avventura e nonostante le difficoltà e gli imprevisti l’entusiasmo non manca. Loro sono tornati alla vita di tutti i giorni, famiglia, lavoro, ma c’è ancora la voglia di ripartire.
 Chiusa l’avventura sull’Himalaya Giuseppe sta già pensando alla prossima tappa, al prossimo viaggio in moto che la prossima volta lo porterà a scoprire la Mongolia.
 “La prossima tappa sarà la Mongolia, alla scoperta della via della Seta. L’obiettivo sarà quello di passare per San Pietroburgo poi prendere una rotta verso est passando per il Kazakistan, la Siberia sino ad arrivare in  Mongolia- dice sorridendo- Non sappiamo ancora quando. Ci vorrà del tempo per organizzare il tutto e soprattutto renderlo compatibile anche con gli impegni di lavoro di tutti e tre. Ma l’entusiasmo e la voglia c’è”.

 Lucia Pezzuto

per il7 Magazine

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