I numeri neri dell’edilizia nella provincia di Brindisi: a rischio l’intero settore

BRINDISI – ( da Il7 Magazine) Sparite duecento aziende in soli sette anni. Novecento lavoratori hanno perso il proprio posto di lavoro nell’ultimo quinquennio. Questi sono i numeri neri del settore dell’edilizia nella provincia di Brindisi. Un settore arrivato ai minimi storici con una crisi partita nel 2011 che non riesce ad arrestarsi. Ma anche in questo settore l’Italia si presenta a due velocità: nell’ultimo anno la vendita del cemento dal Po in sù è aumentata con una leggera ripresa delle costruzioni, a differenza delle regioni meridionali che non riescono ad uscire dal pantano. Secondo i dati forniti dalla Cassa edile di Brindisi (cassa obbligatoria alla quale devono essere iscritte le aziende edili) nel 2012 le imprese attive erano 936, nel 2018 si sono ridotte a 731.

Lo stesso trend vale per gli addetti: nel 2013 erano 3523, nel 2018  se ne contavano 2769. E la situazione sembra essere peggiorata nell’anno che sta per concludersi. In questo settore è raro il ricorso agli ammortizzatori sociali, la manodopera viene impiegata in caso di commesse. E mai come negli ultimi anni le attività sono ferme . In Puglia il settore delle costruzioni con tutto il suo indotto contribuisce per il 9,6 per cento al sistema economico regionale, un contributo che continua a ridursi sino a rischiare di scomparire. Nel frattempo le cronache raccontano di infrastrutture al collasso che mettono a rischio l’incolumità dei cittadini, manutenzioni assenti, moltissime opere incompiute, migliaia di cantieri non ancora partiti. Il 25 novembre a Brindisi si è svolta una manifestazione sotto la prefettura organizzata dai sindacati di categoria. Un evento a sostegno dello sciopero nazionale del settore che era stato proclamato il 15 marzo scorso per sensibilizzare il governo allo sblocco dei cantieri e al riavvio della macchina dell’edilizia pubblica. “L’edilizia non è solo costruire le case e i ponti – spiega Giovanni Librando della Feneal Uil Brindisi, ma bisogna considerare tutta l’economia che gira intorno a queste attività. Mi riferiscono alla carpenteria in ferro, alla vendita del legno, alle piastrelle, agli  impianti di calcestruzzo, alla calce, alle cave. C’è tutto un mondo intorno all’edilizia che sposta miliardi di euro. Che dal 2011 è entrata in crisi”. Librando parla di situazioni disomogenee sul territorio nazionale, con la perdita in tutto il paese di 800mila posti di lavoro negli ultimi otto anni. “Sul nostro territorio – aggiunge il sindacalista  – c’è un abbattimento del 50 per cento delle maestranze e delle imprese, e purtroppo stanno emergendo molte aziende non edili che fanno comunque  attività edilizia”. Questo perché il costo dell’edilizia è più elevato, in particolar modo per il rispetto delle norme sulla sicurezza. Secondo i dati raccolti dal sindacato nella provincia di Brindisi, e soprattutto nel capoluogo, ci sono molte aziende che si identificano come ditte multiservizi o metalmeccaniche o elettriche ma svolgono fattivamente lavori edili. “Questo è avvenuto lo scorso anno – dice Librando – anche per i  lavori di manutenzione all’ospedale di Brindisi. Questo crea competitività fuori legge a discapito delle imprese sane che pagano regolarmente oltre Inps e Inail anche l’iscrizione alla Cassa edile (come prevede la legge). C’è un lavoro nero in tal senso che a Brindisi non fa decollare l’edilizia. Spiego meglio: molti dichiarano che la prevalenza del lavoro da svolgere è elettrico e metalmeccanico, ma nella realtà non è così, perchè se fai una palazzina quello è lavoro edile e richiede maggiore sicurezza”. Il sindacalista denuncia che in città in questo momento molte aziende irregolari, che non applicano il contratto degli edili, stanno svolgendo ristrutturazione di immobili. Altre aziende invece per poter restare in piedi dichiarano 5 lavoratori su 10. Il sindacato chiede maggiori controlli da parte degli organi competenti per poter così  tutelare le aziende che rispettano le regole. “Da una parte chiediamo che vengano inserite delle clausole di salvaguardia e di incentivazione alle imprese edili sane – dice ancora Librando – dall’altra invitiamo le committenze, ed anche i piccoli condomini cittadini a stare molto attenti quando si affidano i lavori, perché qualora il Comune decidesse di fare verifiche sulla regolarità del durc sarebbero loro a rispondere ed a pagare e per le manchevolezze”. La Fenal mette quindi in guardia anche gli amministratori condominiali, consiglia di chiedere alle ditte alle quali vengono affidati i lavori sia il durc iniziale ma anche il durc finale, previsto in questi casi per non incorrere in brutte sorprese.

Lucia Portolano

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