“Il passo indietro delle donne…e mille passi indietro della società. Altro che Sanremo”

INTERVENTO/ Un passo indietro. E’ il non luogo della nostra esistenza. Ancora oggi. Lo siamo state, un passo indietro, dietro i nostri padri e le nostre madri, quando esserlo era buona educazione e garbo. Abbiamo abitato quel luogo per decenni, secoli, passando dalla casa del padre a quella del marito. E non sempre avanti abbiamo avuto grandi uomini. Anzi. Per cercare di fare un passo avanti abbiamo studiato, abbiamo rinunciato a parte della nostra femminilità, abbiamo lottato, abbiamo addirittura vestito abiti maschili, sperando che quei modi e quei comportamenti potessero aprirci le porte. Abbiamo, da donne arrivate, quelle poche, pochissime, trattato male le altre donne, per non fare arrabbiare gli uomini che ci avevano concesso quegli spazi, perché ci graziassero di nuovo con  il “dono” del potere. E ci lasciassero vivere finalmente in un luogo, in una identità sociale. Per continuare ad esistere abbiamo piegato la nostra indole alle regole di un gioco giocato solo dall’altra metà dell’umanità. Ma non è bastato. Un passo indietro rimane, oggi, dolorosamente e incredibilmente, il non luogo della nostra esistenza. Il non luogo del lavoro delle donne, precario, part time, inutile, povero perché considerato e pagato meno di quello degli uomini. Il non luogo dell’enorme lavoro di cura svolta dalle donne nei confronti dei figli, dei genitori anziani e di tutti i soggetti deboli della società. Mai rivendicato e mai mai riconosciuto. E nonostante ciò sempre garantito, a costo del sacrificio maggiore della libertà, anche solo di scelta, della grande moltitudine di noi donne.

Il non luogo della violenza sulle donne, fisica e psicologica, che ancora oggi ci vede negare le evidenze di una cultura che non rispetta in assoluto il corpo e la mente delle donne. Perché di fatto nella mente della maggioranza degli uomini non esistono se non nella forma di una loro proprietà.

Un passo indietro.

E lì dove precipitiamo ogni volta che ci permettiamo di pensare, di essere migliori di chi “ci ha creato”, di esercitare uno spirito critico, di dire cosa pensiamo,  di voler essere visibili per noi stesse e non per interposto maschio… senza chiedere il permesso.

E non saremo mai abbastanza. E’ come essere una scimmietta in una gabbia, che si addestra a fare cose eccezionali illudendola che la ricompensa sarà poter uscire un giorno finalmente da quella gabbia. Tranne poi accusarla di tradire le regole del gioco quando da quella gabbia pretende realmente di uscire, naturalmente dopo aver imparato a fare numeri eccezionali e aver fatto fare bella figura e magari anche un sacco di soldi al padrone del circo.

Isteriche, nervose, mestruate… non avremo mai un bel carattere finchè non impareremo ad essere accondiscendenti, sorridenti e … mute, riconoscenti verso tutti i maschi che in un qualche momento ci avranno concesso di esistere.

Non saremo mai opportune. Non lo saremo quando pretenderemo di far valere i nostri meriti, le nostre competenze, la nostra storia,  andando oltre l’appartenenza ad un uomo, che sia  nostro marito, compagno, capo, mentore, titolare, fidanzato, padre. Non lo saremo quando pur di esistere e di avere una possibilità cadremo noi per prime nella  trappola del dover essere moglie di, compagna di, figlia di, assistente di …Ti devi fidanzare, ti devi sposare, ti devi accoppiare, letteralmente o metaforicamente, per avere il biglietto per entrare a teatro e salire sul palco…..

E non saremo mai insieme, perché le donne che non vogliono rimanere un passo indietro rimangono da sole, isolate in mezzo al loro stesso gene, sospette. Come se avessero ricamata sul petto una lettera scarlatta.

Ma un passo indietro è anche quello che ha fatto la nostra società. Anzi mille passi indietro. Con un atteggiamento suicida, davvero poco intelligente. Perché non c’è niente di intelligente a lasciare inutilizzate le risorse che possediamo. E come non voler afferrare un salvagente mentre affoghiamo. Un passo indietro per noi. Un passo indietro per tutti.  C’è poco di cui andare fieri ed essere allegri. Altro che Sanremo.

Alessandra Amoruso

 

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