Anche i direttori della Scuola di Medicina dell’Università di Bari a favore dei tamponi a tutti i sanitari

BARI – A sostegno della richiesta dell’ordine dei medici a fare tamponi a tutti gli operatori sanitari scendono in campo anche i direttori di Dipartimento della Scuola di Medicina dell’Univerisità di Bari. Pubblichiamo la loro nota a firma del  Presidente della Scuola di Medicina Università degli Studi di Bari “Aldo Moro” Prof. Loreto Gesualdo e di altri 14 direttori dei dipartimenti.

“Dalle prime fasi della pandemia da SARS-CoV-2 non è mai stata esclusa la possibilità di trasmissione del virus da soggetti asintomatici. Recenti studi epidemiologici condotti in 375 città cinesi, tra il 10 gennaio e il 23 gennaio 2020, mostrano che circa l’86% dei casi era “non documentato”, ovvero asintomatico o paucisintomatico e si è ipotizzato che tali “positivi invisibili” siano stati verosimilmente responsabili di circa l’80% di ulteriori contagi.

Situazione analoga è quella verificatasi nel Comune di Vo’, in Veneto, ove il totale della popolazione è stato sottoposto ad accertamenti diagnostici con test molecolari, con stime parziali che rivelano come la percentuale dei positivi asintomatici si aggiri intorno al 50 % del totale dei positivi. Nella fattispecie, il “caso Vo’ ” mostra come l’attuazione di screening di massa abbia, non solo consentito di porre le basi per una serie di studi di prevalenza, ma allo stesso tempo si sia rivelata estremamente utile, in combinazione con un efficace contact tracing, ai fini dell’interruzione della catena di contagio.

La stessa World Health Organization (WHO) ha più volte ribadito che gli strumenti diagnostici al momento validati siano quelli basati sul rilevamento del genoma virale nelle secrezioni respiratorie (i.e. tampone nasofaringeo) attraverso metodiche di Real-Time Polymerase Chain Reaction (RT-PCR), sottolineando, inoltre, la minore attendibilità dei cosiddetti test rapidi attualmente disponibili, i quali dovrebbero necessariamente essere confrontati con un numero sufficientemente ampio di test molecolari (gold-standard) prima di poter essere introdotti quale routine diagnostica in specifici setting assistenziali.

Le metodiche per il rilevamento di anticorpi IgM e IgG specifici anti-SARS-CoV-2, sebbene rivesta un ruolo importante nella ricerca e nella valutazione epidemiologica della circolazione del virus necessita di “ulteriori evidenze sulle loro performance e utilità operativa” e, nella fattispecie dei test sierologici, “secondo il parere espresso dal Comitato Tecnico Scientifico, non possono, allo stato attuale dell’evoluzione tecnologica, sostituire il test molecolare basato sull’identificazione di RNA virale dai tamponi nasofaringei secondo i protocolli indicati dall’OMS”, come riportato nella Circolare del Ministero della Salute del 03 Aprile 2020 avente per oggetto: ”Pandemia di COVID-19 – Aggiornamento delle indicazioni sui test diagnostici e sui criteri da adottare nella determinazione delle priorità. Aggiornamento delle indicazioni relative alla diagnosi di laboratorio”. Tali test, oltretutto, non sono indicativi di infezione in atto, ma di un contatto recente e/o pregresso con il virus, dando indicazioni sulla diffusione all’interno della comunità.

La predetta Circolare Ministeriale, riferendosi, infine, alla diagnostica molecolare mediante  RT-PCR riporta che: “per garantire la sua efficacia nella strategia di ricerca dei casi e dei contatti, l’esecuzione del test deve essere tempestiva. L’esecuzione dei test va assicurata agli operatori sanitari e assimilati a maggior rischio, sulla base di una sua definizione operata dalle aziende sanitarie, tenute ad effettuarla quali datori di lavoro”.

A tal proposito, la Occupational Safety and Health Act (OSHA) nel Documento “Guidance on Preparing Workplaces for COVID-19” del marzo 2020, ha realizzato una piramide del rischio professionale, che suddivide i lavoratori in differenti livelli di rischio, a seconda del grado di esposizione. Tale classificazione, elaborata al fine di fornire un valido supporto ai datori di lavoro affinché adottino opportune precauzioni, vede ai vertici della piramide gli operatori sanitari, inquadrati come lavoratori a rischio molto elevato.

I dati più recenti forniti dall’Istituto Superiore di Sanità, relativi alla diffusione dell’infezione in Italia, mostrano che attualmente, tra i casi totali di COVID-19, il numero di operatori sanitari affetti è circa l’11% del totale. Val la pena ricordare, peraltro, che nel corso della precedente emergenza SARS del 2002-2003, nell’ambito dei casi totali segnalati allo WHO, il 25% era riconducibile ad infezioni occupazionali in operatori sanitari.

Con queste premesse, in ottemperanza ai contenuti della Circolare n.46 emanata dall’A.O.U.C. Policlinico di Bari in data 21 Marzo 2020 “Misure di prevenzione e controllo negli operatori sanitari esposti a gravi infezioni respiratorie acute (SARI) in ambiente assistenziale”, riferibili alla strategia di campionamento da adottarsi nei contatti a basso e alto rischio con casi accertati e/o sospetti di COVID-19, si è altresì ritenuto indispensabile pianificare un monitoraggio periodico di tutti gli operatori sanitari mediante esecuzione del tampone finalizzato al contenimento della diffusione del SARS-CoV-2 all’interno dell’Azienda (Delibera del Direttore Generale n. 0489-2020 AOUC Policlinico di Bari).

E’ altresì doveroso evidenziare che tutte le procedure adottate rispondono a quanto previsto dalla normativa vigente  ( D. L. 81/2008 o “Testo unico in materia della salute e sicurezza nei luoghi di lavoro” e sue s.m.i.), che relativamente al rischio biologico (Titolo X) stabilisce, tra l’altro, che il datore di lavoro, in collaborazione con il Medico Competente, è tenuto ad attuare, ai sensi dell’art. 272 del medesimo Decreto “misure tecniche organizzative e procedurali, per evitare ogni esposizione degli stessi ad agenti biologici”; nel caso specifico si fa riferimento agli operatori sanitari ed all’obbligo di sottoporli ai più appropriati accertamenti diagnostici, che rientrano a pieno titolo nel protocollo di sorveglianza sanitaria da adottarsi.

La procedura posta in essere per lo screening degli operatori sanitari per SARS-CoV-2 è oltretutto in accordo con le più recenti raccomandazioni rinvenienti dalle principali Organizzazioni Internazionali, quali:

  • World Health Organization (WHO)(Documento del 21 marzo 2020 “Laboratory testing strategy recommendations for COVID-19 – Interim guidance” )
  • Centers for Disease Control and Prevention (CDC) di Atlanta (USA), nel Documento del 24 marzo “Criteria to Guide Evaluation and Laboratory Testing for COVID-19”

 Sulla scorta di tali considerazioni, si ritiene, pertanto, che la procedura adottata dall’AOUC Policlinico di Bari sugli operatori sanitari debba proseguire al fine del raggiungimento degli obiettivi. Inoltre, lo screening degli operatori sanitari, oltre a tutelare gli stessi, rappresenta una forma di garanzia a tutela della salute di tutti i pazienti, soprattutto i più fragili che sono esposti alle gravi conseguenze dell’infezione. Si rimarca, infine, come questa attività di monitoraggio e screening sugli operatori sanitari non debba, ovviamente, condizionare il regolare accertamento diagnostico sui tutti i soggetti con sintomatologia suggestiva di infezione da SARS-CoV-2. L’auspicio è che, come in altre realtà europee,  si possa incrementare la capacità di esecuzione dei test molecolari sui tamponi al fine di contribuire all’ulteriore contenimento della diffusione del virus nella popolazione.

 

 

 

 

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