Caporalato, quattro arresti: “Alle fimmene pizza e mazzate ci vogliono, altrimenti non imparano”

VILLA CASTELLI- Donne sfruttate nei campi di ciliegie, costrette a lavorare per oltre otto ore al giorno mentre sul contratto ne erano dichiarate sei e mezza. Sottopagate e in alcuni casi anche minacciate e picchiate. E’ quanto emerge da un’inchiesta condotta dai carabinieri di Francavilla Fontana, guidati dal comandante Nicola Maggio e coordinata dal pm titolare Pierpaolo Montinaro, che ha portato all’arresto di quattro persone.

Michelangelo Veccari, la compagna Valentina Filomeno, Grazia Ricci e Maria Rosa Potzu sono finiti in manette con accuse a vario titolo di intermediazione illecita (ossia Caporalato).

I dettagli sono stati esposti nell’ambito di una conferenza presieduta dal procuratore  Raffaele Casto.

Quindici le donne in stato di bisogno che erano sfruttate dai quattro, dodici  italiane e tre  straniere, costrette a lavorare nei campi di ciliegie a Turi per 38 euro al giorno, a fronte di una paga prevista di 55 euro. Dalla loro paga veniva detratta anche una quota di 8 euro al giorno per le spese di viaggio.

L’inchiesta parte nel 2015 dalla denuncia di una di queste donne che era stata raggiunta a casa da due caporali e picchiata solo perché aveva preteso il pagamento di somme dovute.

“Alle fimmene pizza e mazzate ci vogliono, altrimenti non imparano” così in una delle intercettazioni riportate nell’ordinanza di custodia cautelare . Ed ancora: “femmine, mule e capre con la stessa testa”.

Le donne con la prospettiva del lavoro venivano indotte a ritirare la richiesta di lavoro dalle agenzie interinali dove era garantita loro solo l’occupazione di un mese per essere impiegate dai caporali che invece assicuravano otto mesi di lavoro continuato, domeniche e festivi inclusi.

BrindisiOggi

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