“Così è (se vi pare)”, Milena Vukotic al Verdi porta in scena Pirandello

BRINDISI- Nuovo appuntamento con la prosa della stagione del Nuovo Teatro Verdi di Brindisi: martedì 14 marzo alle 20.30 arriva la commedia “Così è (se vi pare)” di Luigi Pirandello, con Milena Vukotic, Pino Micol e Gianluca Ferrato, per la regia di Geppy Gleijeses. Fra le commedie di Pirandello, “Così è (se vi pare)” è la più “pirandelliana” di tutte, nel senso che sintetizza compiutamente la filosofia del drammaturgo agrigentino. Ed è opera tra le più perfette del teatro italiano. Al centro del dramma il vano tentativo di far luce, in una città di provincia, sulla identità della moglie del nuovo segretario di Prefettura, il signor Ponza: si tratta della figlia della signora Frola, come questa asserisce con assoluta certezza, oppure quella donna è morta tra le macerie di un terremoto e la moglie del segretario è tutt’altra persona (come lui sostiene)? Così è, se vi pare… ognuno di noi ha la sua verità.

 Biglietti disponibili in botteghino – aperto dal lunedì al venerdì ore 16.30-18.30 (nel giorno di spettacolo ore 11-13 e 19-20.30) – e online alla pagina rebrand.ly/Pirandello. Info T. 0831 562 554 e botteghino@nuovoteatroverdi.com.

 L’idea dell’allestimento nasce da una strepitosa intuizione del tranese Giovanni Macchia, tra i maggiori e più illustri saggisti del Novecento: il cannocchiale rovesciato. «Le cose più vicine, vissute, torturanti, furono viste con il binocolo rovesciato: da quella distanza che ne permettesse la meditazione assorta o l’ironia o addirittura il grottesco». Geppy Gleijeses ha chiesto a uno dei più importanti videoartist del mondo di creare, in un contenitore vuoto, degli ologrammi tridimensionali, donne e uomini alti 50 centimetri, che altro non sono che i personaggi della commedia che inutilmente si affannano a scoprire una verità che non esiste. All’ingresso della signora Frola, quei minuscoli lillipuziani si mostrano in dimensioni normali. Piccoli uomini che riprendono le loro reali fattezze al cospetto della grandezza del dolore e dell’amore di una madre. «Vi vedo così affannati a cercar di sapere chi sono gli altri e le cose come sono, quasi che gli altri e le cose per se stessi fossero così o così… ma secondo lei allora non si potrà mai sapere la verità? Se non dobbiamo più credere neppure a ciò che si vede e si tocca! Ma sì, ci creda, signora! Perciò le dico: rispetti ciò che vedono e toccano gli altri, anche se sia il contrario di ciò che vede e tocca lei». Esiste dunque una verità assoluta? Si può avere una visione certa di ciò che ci circonda? Ha ragione la signora Frola o l’impiegato di Prefettura? Nell’opera si scontrano le diverse percezioni dei fatti che accadono in questo villaggio italiano degli anni Trenta. Pirandello sottolinea la relatività del concetto di verità e mostra in che modo le impressioni soggettive possano mettere a repentaglio la reputazione di qualcuno: l’autore evidenzia l’angosciosa condizione dei diversi personaggi, la cui psiche è frammentata e spersonalizzata. Essi si “allineano” secondo le convenzioni della società borghese, ma hanno difficoltà a comunicare tra loro proprio perché non riescono a vedere una realtà assoluta e univoca. L’uomo è quindi “intrappolato” in questa dimensione sociale e ipocrita e costretto a indossare una “maschera” che lo rende schiavo. Egli è controllato e inquadrato in questo sistema oppressivo dal quale non esiste via d’uscita se non la follia o addirittura il suicidio. Con la commedia, tratta dalla novella “La signora Frola e il signor Ponza suo genero”, Pirandello si conferma acuto indagatore e interprete della crisi dell’uomo contemporaneo, privo di certezze e incapace di integrarsi in una società che lo opprime e lo aliena. Uno dei motivi che più frequentemente tornano nella sua produzione, ancora oggi ampiamente rappresentata e che diede all’autore il successo internazionale, è il tema dell’impossibilità dell’uomo di conoscere sia gli altri sia se stesso. Ciò dipende dal fatto che non esiste, secondo Pirandello, una realtà oggettiva valida per tutti: esistono, invece, tante verità soggettive quanti sono gli uomini. Il dramma fu anche inserito nel volume “Maschere Nude”. Scriveva Antonio Gramsci nel 1917: «I due personaggi separatamente sembrano saggissimi ma messi a confronto devono risultare in contraddizione sebbene reciprocamente operino come se veramente uno faccia la commedia per pietà dell’altro. Quale è la verità? Chi dei due è il pazzo? Mancano i documenti: il paese loro d’origine è distrutto dal terremoto, chi potrebbe informare è morto. La moglie del Ponza fa una breve apparizione, ma l’autore preso nell’incanto della sua dimostrazione, ne fa un simbolo: la verità che appare velata, e dice: io sono l’una e l’altra cosa. Uno sgambetto logico semplicemente». L’unica persona che può svelare il mistero è la moglie del signor Ponza. La donna entra in scena con il volto coperto da un fitto velo nero, impenetrabile, e confessa la propria verità: afferma di essere la figlia per la signora Frola, la seconda moglie per il marito e per sé niente: «Per me, io sono colei che mi si crede!». La sua identità è quella che gli altri le attribuiscono perché la verità non esiste. Esiste soltanto una molteplicità di punti di vista. «A parte la grandezza del testo – ha detto Milena Vukotic, che in scena dà il volto alla signora Frola -, la commedia mi riporta con non poche emozioni ai tempi della compagnia di Paolo Stoppa e Rina Morelli, due giganti della scena, quando interpretai il ruolo della giovane Dina. Era una delle prime cose che facevo a teatro, un gran bel ricordo».

Brindisioggi

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