Crisi energetica: rischio tsunami per l’economia del nostro territorio

Documentario Norman Atlantic

INTERVENTO/ Il nostro Paese è in grave sofferenza economica e sociale per i costi oramai insostenibili di una crisi energetica che va oltre i confini europei, per affrontare la quale non c’è più altro tempo da perdere dal momento che gran parte del sistema produttivo nazionale rischia il fallimento, mentre i redditi della stragrande maggioranza delle famiglie di lavoratrici e lavoratori, di pensionate e pensionati, non reggono più.

Incombono, inoltre, consequenziali rischi sul mondo del lavoro, specialmente nel Mezzogiorno ed in particolar modo nel nostro territorio Taranto Brindisi dove si trascinano, senza sbocchi, vertenze a partire dalla siderurgia e dal settore Aeronautico, coinvolgendo i destini lavorativi e familiari di migliaia di lavoratori diretti e dei corrispondenti sistemi di appalto e indotto.

Sono circa 50 le vertenze aperte presso la task force regionale pugliese sull’occupazione; tra le più emblematiche quelle della ex Albini (reindustrializzazione) e Cemitaly (dismissione) su Taranto e quelle del gruppo Dema e Cmc (già con le procedure avviate di licenziamento) su Brindisi, a dimostrazione che un Mezzogiorno in persistente ritardo di sviluppo e di mancata occupazione produttiva pone un’ipoteca sull’intero sistema industriale del Paese.

L’elenco dell’attività vertenziale in atto potrebbe essere molto più lungo, se solo pensiamo anche al mondo del terziario e dell’agroalimentare, segmenti produttivi imprescindibili della nostra economia territoriale, i cui operatori da settimane lanciano l’allarme sui costi non più sostenibili delle materie prime  e di quelli  energetici in qualche caso triplicati.

E che dire della bolletta energetica che interesserà a breve le scuole, gli ospedali, le strutture sanitarie e socio sanitarie, per la cui funzionalità l’elettricità e il gas risultano indispensabili?

Ebbene, questa è l’ora in cui in materia di energia devono mettersi in campo tutte le alternative possibili, dal pieno funzionamento delle centrali elettriche del polo energetico di Brindisi al raddoppio della Tap, passando dalle immediate autorizzazioni da rilasciare  per gli impianti di produzione da Fonti di energia rinnovabile (FER), le cui richieste – funzionali anche all’avvio di una sana programmazione delle comunità energetiche – giacciono presso  le Autorità competenti.

Attesa la gravità della situazione, è necessario che il Governo in carica, ancorché limitato agli affari correnti, promuova un’azione forte a livello europeo, così da fermare l’esplosione dei prezzi del gas e dell’energia elettrica che, oltre a mettere in ginocchio imprese e famiglie, potrebbe mettere in discussione anche il percorso del PNRR la cui progettualità ed i cui finanziamenti sono fortemente connessi al rilancio infrastrutturale e produttivo del Sud.

Peraltro, se il conflitto bellico dovuto all’aggressione all’Ucraina da parte della Russia è stata una miccia per la nostra crisi energetica, di fatto, la totale assenza di strategia nazionale sullo stesso tema, è stato l’errore più grande che l’Italia, secondo Paese manifatturiero d’Europa, abbia potuto mai fare.

Oggi, dunque, la situazione emergenziale dovrebbe rimettere in discussione l’ingiustificata scelta rinunciataria di bloccare le nostre  trivelle per l’estrazione di gas dai giacimenti nell’alto Adriatico, a vantaggio della Croazia e, al contempo, fare immediatamente tesoro del nuovo pozzo di gas scoperto nel Mediterraneo orientale a 160 chilometri da Cipro, nel Blocco 6 su cui opera Eni Cyprus con una quota del 50%, così come dell’opportunità costituita dalla decisione di realizzare a Brindisi il deposito Gnl Edison, per il quale è stato inviato il si definitivo da parte dei Ministeri competenti.

Chi oggi si candida a governare l’Italia faccia tesoro di questa tempesta perfetta ed apra un confronto serio sulla politica energetica nazionale, voltando le spalle alla logica dei no sempre a tutto ma affrontando la questione più delicata per l’economia del Paese, ovvero quella dell’energia,  con scienza e coscienza.

E ciò, considerando oltretutto che il percorso di transizione ecologica, energetica ed industriale che deve approdare alla prima tappa del 2030, con una diminuzione del 55% delle emissioni, non significherà azzerare con un giro di chiave l’attuale sistema energetico che alimenta interi sistemi produttivi, industriali, residenziali e civili.

Eppure, continuiamo ad ascoltare in questa campagna elettorale troppi slogan, specie quando si reclamano ad ogni pie’ sospinto risorse economiche e fonti rinnovabili senza, però, mostrare di avere una visione chiara e condivisa sulla strategia energetica da attuare nei prossimi mesi e per i prossimi anni.

E’, oltretutto, un susseguirsi di motivi ricorrenti alquanto stucchevoli e stantii: rigassificatori si oppure no, gas si oppure no, nucleare che sia di quarta o di quinta generazione si oppure no, eolico e fotovoltaico si ma anche no, in particolare not in my garden cioè non nel mio giardino.

E, di contro, che dire delle tante richieste provenienti da più parti istituzionali e produttive e da varie realtà territoriali, dove ognuno rivendica un proprio centro di produzione di idrogeno o meglio una hydrogen valley  dedicata, quasi si trattasse di aprire un po’ di negozi al dettaglio sotto casa?

Ed anche tutto questo senza una strategia minimamente credibile né condivisa!

Senza tacere, infine, sulle presunte rivendicazioni di chi avrebbe dato di più, rispetto ad altri, in termini di produzione energetica, come se l’energia, infrastruttura indispensabile per l’economia generale – e l’attualità lo testimonia – fosse qualcosa che interessa più un comune o l’altro, più una regione dell’altra e non, viceversa, un contributo al bene comune, ovvero al sistema Paese.

Responsabilità e competenza in materia energetica si impadroniscano, dunque, del dibattito politico in vista delle elezioni nazionali del 25 settembre, prima che la sofferenza sociale ed economica dell’Italia  e persino dell’Europa imbocchino le strade di una maggiore e profonda incertezza, che sarebbe tanto ingiustificata quanto inaccettabile.

 Gianfranco Solazzo

Segretario Generale Cisl Taranto Brindisi

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