La denuncia: «Caporalato, braccianti stranieri minacciati dalla Scu»

BRINDISI – «Oggi ho raccolto una terrificante denuncia di un lavoratore agricolo africano. L’uomo, padre di ben 7 figli, vive da 4 anni a Brindisi e lavora presso un’azienda agricola familiare. Insieme ai suoi compatrioti, subisce violenze quotidiane, percepisce un sottosalario da fame e negli ultimi 4 mesi di duro lavoro ha ricevuto 2 buste paga con 2 sole giornate di lavoro. Restando a questo, si rimane nell’ordinario sfruttamento dei migranti ma, dalla denuncia del lavoratore, si è passati alle minacce di morte con il ricorso alla Sacra Corona Unita. Gli avvertimenti minatori telefonici lo hanno raggiunto anche nel suo ultimo viaggio in Africa, quando l’operaio si è recato nel suo paese natale per rivedere i figli e la moglie. Il tono era: “Non ritornare a Brindisi altrimenti ti ammazziamo”. L’uomo è terrorizzato, vuole andare via dalla casa dove risiede ma nessuno è disposto a ospitarlo. I suoi padroni sanno che noi della Flai-Cgil di Brindisi abbiamo registrato tutto e metteremo tutto nelle mani dei magistrati».

Questo allarmato annuncio è apparso qualche ora fa sulla bacheca Facebook di Angelo Leo, segretario provinciale della Flai-Cgil. Il sindacalista ha reso pubblica la denuncia di un lavoratore agricolo africano che, dopo essersi recato all’ufficio provinciale del lavoro per lamentare la sua condizione, 2 sole buste paga negli ultimi 4 mesi con 2 sole giornate di lavoro, ha cominciato a ricevere strani segnali, probabilmente, provenienti da più parti. In un ambiente come quello del lavoro agricolo, sempre più spesso affidato a immigrati le cui condizioni di vita sono quantomai precarie, il capolarato continua a farla da padrone. Anche tra gli stessi braccianti il clima non è dei migliori: si tende a sottostare a ogni tipo di ricatto pur di conservare uno straccio di salario e, anzi, se qualcuno dovesse ribellarsi,  nel migliore dei casi, lo si emargina fino ad arrivare a situazioni più estreme come quelle raccontate dal lavoratore africano a Leo. Questo caso, però, appare ancora più grave: secondo il racconto del sindacalista, infatti, nella faccenda sarebbe subentrata anche la Scu. Il migrante ha raccontato di essere stato raggiunto da telefonate minatorie mentre si trovava in visita alla sua famiglia in Africa. Ora, tornato in Italia, ha paura per la sua vita anche perché i suoi 7 figli non avrebbero di che sopravvivere senza i soldi che il capofamiglia manda regolarmente.

Il segretario provinciale della Flai-Cgil, autore tra l’altro di un volume sul caporalato dal titolo “Vite bruciate di terra”, conosce a fondo l’argomento e sa a quali rischi va incontro l’autore della denuncia. Il possibile ritorno della criminalità organizzata nel mondo agricolo attraverso la schiavitù del caporalato esercitato su fasce deboli dello strato sociale moderno, inoltre, è un preoccupante campanello d’allarme per tutti, segno della buona salute delle organizzazioni malavitose, capaci d’insinuarsi nel tessuto produttivo del nostro territorio, evidentemente permeabile a infiltrazioni di tipo mafioso.

Maurizio Distante

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