Fuori dal Petrolchimico la lunga marcia dei cassintegrati

LA STORIA- Come concordato con l’ing. Cesare Vaciago, nessuno dei miei collaboratori finì in cassa integrazione dopo l’accordo sindacale del 26 gennaio 1983. Fui anzi autorizzato a scegliere altri dieci docenti e istruttori pratici tra i lavoratori in CIGS.

Dopo gli incontri di orientamento, che consentirono ai cassaintegrati di esprimere la loro preferenza per una delle quattro macro-aree di riconversione e reinserimento al lavoro indicate dall’accordo sindacale (meccanica, elettromeccanica, chimica, energia), partimmo con i corsi di formazione propedeutica, che durarono da marzo a giugno 1983. Approfittando della sospensione delle attività formative nel periodo estivo, potenziammo le strutture tecno-didattiche del centro, con un laboratorio per la diagnosi guasti sulle  apparecchiature elettromeccaniche e un impianto per la simulazione di processi chimici. Dotammo di ulteriori attrezzature anche l’officina meccanica, già utilizzata prima della ristrutturazione del petrolchimico per addestrare saldatori e riparatori macchinari provenienti da tutti gli stabilimenti Montedison .petrolchimico riunione

I corsi specialistici sarebbero dovuti partire a settembre 1983 ma nel versante regionale registravamo notevoli lentezze. La FULC diffuse perciò un  comunicato con il quale accusò i firmatari dell’accordo del 26.01.83 di non tener fede ai loro impegni: Enichem e Montepolimeri perché facevano disfacevano in continuazione l’organizzazione aziendale; la regione perché poneva ostacoli per la prosecuzione dei corsi; il governo nazionale perché sembrava non avere alcuna fretta di avviare iniziative di reindustrializzazione.

Montedison rigettò ogni accusa: disse che in sette mesi aveva speso due miliardi di lire, facendo ben più di quanto previsto nell’accordo del 26.01.83: aveva avviato con la propria struttura le attività di formazione per 1250 cassaintegrati; messo in campo un’equipe di consulenti per stimolare iniziative  di “indotto”; realizzato uno studio completo sul mercato di lavoro locale.

Al rientro dalle ferie per i lavoratori impiegati nel petrolchimico ci fu una sorpresa: la grande insegna MONTEDISON era stata sostituita in portineria da quella ENICHEM.  Fine di una lunga storia.

Un grave allarme cresceva anche in città: il contrabbando era in rapida ascesa. Nei primi giorni di settembre furono bloccati dalla guardia di finanza undici autocarri carichi di bionde ed arrestate quindici persone. Il 13 settembre fu catturata a poche miglia da Brindisi la “Maria I”, una ex motosilurante tedesca trasformata in magazzino galleggiante del contrabbando. Furono necessarie sei ore d’inseguimento in mare e alcune sventagliate di mitragliatrice dalle motovedette della finanza per indurla a fermarsi, prima di essere scortata nel porto di Brindisi .

petrolchimico impiantiAlla fine di settembre il sindacato provinciale dei chimici, stufo di attendere, si mobilitò. Neppure uno dei progetti di reindustrializzazione era  partito, la regione tardava a prendere decisioni per la ripresa dei corsi, i cassaintegrati premevano. A scatenare la reazione  violenta fu la dichiarazione Montepolimeri di non voler più anticipare le integrazioni economiche dell’indennità di CIGS. Fu indetta un’assemblea generale nella grande sala mensa del petrolchimico, alla quale partecipano in massa i lavoratori in CIGS. Si decise di organizzare una manifestazione di protesta a Bari presso la giunta regionale. Il sindacato mise a disposizione nove pullman.

Le lentezze della regione avevano però alcuni buone ragioni. Come Montepolimeri avevamo elaborato e presentato un piano di formazione con la  richiesta di finanziamenti sia alla regione che al Fondo Sociale Europeo. Su indicazione dell’ing. Cesare Vaciago, avevamo incluso tutto: le integrazioni economiche della CIGS, i costi di progettazione e docenza dei corsi, i costi dei materiali didattici e di consumo, i costi di consulenza (relativi a due società, CLAS e TECNETRA, incaricate da Vaciago per l’analisi del mercato del lavoro ed supporto ai  progetti di reindustrializzazione). Era venuta fuori una richiesta di finanziamento di diversi miliardi di lire. I funzionari della regione rifiutavano però rifiutato di avallare il progetto e di trasmetterlo al Fondo Sociale Europeo. La loro motivazione era  che “la legge 20 maggio 1975 n.164, istitutiva della cassa integrazione straordinaria, escludeva ogni  forma d’indennità o compenso per la partecipazione a corsi di riqualificazione. Il rifiuto del lavoratore di frequentare i corsi determinava  l’immediata cessazione dal beneficio d’integrazione salariale”. Avevamo ripetutamente  fatto presente che l’integrazione dell’indennità di CIGS era prevista nell’accordo del 26 gennaio 1983, sottoscritto alla presenza del capo di governo e dei ministri delle Partecipazioni Statali e dell’Industria. La posizione dei funzionari regionali non era mutata, dissero che “anche il presidente del consiglio ed i ministri erano tenuti a rispettare la legge”.

Di ciò avevo informato Cesare Vaciago. Era stato direttore dell’ISFOL (Istituto per lo sviluppo della formazione professionale dei lavoratori), prima di diventare braccio destro del presidente Montedison, Schimberni; comprese pertanto che le cose stavano realmente come dicevano in regione. Nella fretta di chiudere l’accordo sul petrolchimico di Brindisi, ultimo passo per completare la ristrutturazione della chimica nazionale, erano stati inseriti benefici per i lavoratori in CIGS non consentiti dalla legge. Come in altre occasioni, Cesare Vaciago trovò una soluzione: “Se una legge nazionale impedisce l’integrazione dell’indennità di CIGS, faremo una legge regionale“. Si arrivò in breve tempo, e con il diretto coinvolgimento del presidente e dell’assessore alla programmazione della regione, ad approvare una legge che prevedeva “per i lavoratori in CIGS, di imprese, con più di 500 dipendenti, rimborsi spese giornalieri per trasporto e vitto, in caso di partecipazione a corsi di formazione”. Mancava però lo avvallo del governo e i corsi ancora non ripartivano.

Il 7 dicembre 1983 fu finalmente raggiunto un accordo a Roma. L’onorevole Pino Leccisi, sottosegretario del ministero del lavoro e delegato dal capo di governo per la vertenza Brindisi, formulò un “lodo in cinque punti, che tutte  le parti firmatarie dell’accordo del 26.01.1983 sottoscrissero. Stabiliva che: 1) i corsi di formazione sarebbero ripartiti entro dicembre 1983; 2) sarebbe stata immediatamente sottoscritta una convenzione tra la regione e quattro enti gestori (Centro Formazione Montepolimeri, Centro Formazione Commercio e Centro Formazione l’Industria della Provincia di Brindisi, Centro Formazione Salesiani di Lecce; 3)  i partecipanti ai corsi avrebbero ricevuto  rimborsi spese giornalieri, pari a 12.000 lire per il pasto e 6.000 lire per il trasporto, sulla base di una semplice dichiarazione individuale (atto notorio); 4) per l’anno 1983 i rimborsi spese sarebbero stati calcolati in modo forfettario.

Un nuovo incontro fu fissato per il 15 gennaio 1984, per discutere anche delle iniziative di reindustrializzazione e reimpiego dei cassaintegrati .

Fummo costretti a rivedere gli orari e calendari dei corsi, in modo da incrementare i giorni di frequenza e coprire quasi interamente, con i rimborsi spese, la differenza economica tra l’indennità di cassa integrazione e il 100% della retribuzione percepita dai cassaintegrati quando lavoravano. Se fosse mancato qualcosa, la differenza l’avrebbe pagata Montedison. Per evitare irregolarità nel conteggio dei rimborsi spese, decisi che i partecipanti ai corsi presso il nostro centro di formazione avrebbero registrato la loro presenza giornaliera timbrando un cartellino marcatempo, oltre a firmare il registro. Molti cassaintegrati si ribellarono. Spiegai loro che ci stavamo impegnando oltre ogni limite per portare avanti programmi di riconversione professionale che dessero loro una speranza di lavoro e non intendevamo svolgere altri mestieri. Alla fine tutti, cassaintegrati e sindacati, si convinsero ed accettarono di utilizzare i cartellini marcatempo.

Il 7 gennaio 1984 ripresero i corsi: 52 per 1200 cassaintegrati, distribuiti in quattro centri. Il coordinamento generale del progetto formativo fu mantenuto dal di formazione Montepolimeri che operava  in stretto collegamento con il team che seguiva i progetti di reindustrializzazione.

Presso il CNOS di lecce (Centro di Formazione Salesiani) furono concentrati i cassaintegrati residenti in quella provincia. Frequentarono corsi per meccanici ed elettricisti. Nel Centro di formazione per l’Industria di Brindisi, che dipendeva dalla provincia, furono allocati i corsi per i cassaintegrati che entro i 30 mesi di CIGS avrebbero maturato i requisiti per la pensione (erano orientati al settore edile, comunque carenti in termini di finalizzazione). Nel secondo Centro di formazione per il Commercio, anch’esso dipendente dalla provincia, furono distaccati corsi di automazione impianti industriali e di office automation. Li avevamo progettati in collaborazione con il CSATA, che aveva da poco avviato a Valenzano Technopolis. Nel centro di formazione Montepolimeri furono mantenuti la gran parte dei corsi specialistici: per meccanici, elettromeccanici, strumentisti, operatori d’impianti industriali, analisti di laboratorio. Tutti i  corsi proseguirono regolarmente fino a settembre.

Ad ottobre cominciò a circolare la voce di un totale disimpegno di Montedison da Brindisi. Attraverso Montedipe (subentrata a Montepolimeri) il Gruppo di Foro Bonaparte possedeva ormai solo l’MDI ed i reparti P26 (anidride ftalica) e il P11 (ossido di etilene), fermi però già da alcuni mesi. Il numero di dipendenti era di appena 280 persone. Montedison smentì comunque quelle voci; disse che al più avrebbe potuto costituire una joint-venture con un altro gruppo chimico internazionale (come avvenuto mesi prima con la costituzione di Himont). Il sindacato pretendeva però di sapere cosa sarebbe accaduto in tal caso dei lavoratori del P26 e del P11 e, soprattutto, chi si sarebbe fatto carico dei cassaintegrati (che Montedison si era impegnata a riassumere alla scadenza di trenta mesi di CIGS, qualora non avessero trovato lavoro nelle iniziative previste dall’accordo del 26.011983).

A novembre scoppiò un’altra grana: Himont comunicò di voler fermare il reparto P9B, perché improduttivo. I lavoratori si opposero e mantennero l’impianto in marcia in regime di autogestione. Azienda e sindacato furono convocati prima in prefettura e poi al ministero del lavoro. Himont assicurò che i 50 lavoratori del P9B sarebbero stati impiegati in altre posizioni di lavoro e che la società aveva in programma importanti investimenti per il reparto P9T. A fine novembre il P9B fu comunque definitivamente fermato. Come concordato, nessuno fu messo in cassa integrazione, ma Himont rifiutò di pagare le retribuzioni ai lavoratori del P9B per le giornate di autogestione.

I problemi non erano finiti. L’ 11 dicembre i cassaintegrati occuparono gli uffici della direzione Montedipe. Rivendicavano il pagamento delle integrazioni economiche della CIGS arretrate e l’immediata ripresa dei corsi di formazione (sospesi alla fine di ottobre). Il direttore, ing. Gennaro Esposito, fu lasciato libero di uscire dall’ufficio solo per prendere il primo aereo per Milano e tornare con risposte concrete. Per aumentare il clima di tensione, fecero  uscire dagli uffici anche gli impiegati e i dirigenti Enichem. Al rientro da Milano l’ing. Esposito assicurò che i corsi sarebbero ripresi il 2 gennaio 1985 e Montedipe avrebbe pagato i rimborsi spese accumulati nei mesi precedenti.    

Enichem aveva aspettato la conclusione di questa ennesima vertenza dei cassaintegrati prima di comunicare la sua decisione di fermare il vecchio cracking P2X (rimesso in marcia dopo l’esplosione del P2T). Motivò tale decisione con l’impossibilità di garantire ulteriormente la sicurezza dell’impianto. Il sindacato chiese che fossero prontamente realizzati lavori di manutenzione.  La notizia della fermata del P2X suscitò reazioni negative anche da parte di Montedipe. L’ing. Esposito disse che una decisione di quel tipo doveva essere comunicata da Enichem con mesi di anticipo, non pochi giorni. Il direttore Enichem, dr. Caltapiano, tentò di calmare le acque dichiarando che la società aveva un programma d’investimenti per altri impianti e che il rifornimento di propilene ed etilene sarebbe stato assicurato con navi gasiere provenienti ogni cinque giorni dal petrolchimico di Priolo. La fermata del P2X fu alla fine decretata dal sostituto procuratore della repubblica, dr Farina, che sentito il parere del comandante dei VFF, intese in tal modo “garantire l’incolumità dei lavoratori e della cittadinanza” . “La chiusura – aggiunse tuttavia – si protrarrà fino a quando l’impresa non assicurerà la manutenzione straordinaria dell’impianto”. Cosa che però Enichem si guardò bene dall’eseguire.

 

Nella “cattedrale “ ci si apprestava, ancora una volta, a celebrare il S. Natale in un clima di forti tensioni e grave incertezza.

Il nuovo anno non iniziò sotto migliori auspici per un altro pezzo importante dell’industria brindisina A gennaio 1985 la IAM comunicò di voler mettere in cassa integrazione 110 persone, “per mancanza di commesse di lavoro”. I lavoratori, dopo alcune  ore di sciopero, decisero l’occupazione dello stabilimento aeronautico ed inviarono una lettera al presidente della repubblica Sandro Pertini, con la quale ricordavano l’impegno del governo per il potenziamento dell’industria aeronautica brindisina ( inserito nell’accordo del 26.01.83). A  febbraio, dopo un incontro dell’on. Leccisi con il presidente dell’EFIM-Agusta, Raffaello Teti, la IAM revocò la procedura di cassa integrazione e tutti tornarono al lavoro.

A complicare questo scenario già pesante di conflitti e tensioni ci pensarono i coltivatori diretti e i braccianti.  Il 18 febbraio con i loro trattori bloccarono l’intera città e gli ingressi alla zona industriale. Chiedevano al governo il pagamento delle provvidenze promesse per i danni subiti a seguito delle calamità atmosferiche nel mese di gennaio (che avevano completamente distrutto le coltivazioni di carciofi).

Ad aprile ripresero i problemi nel petrolchimico. Enichem comunicò la decisione di fermare due gruppi della centrale termoelettrica (GT4 e GT5). I lavoratori si opposero e  mantennero i due gruppi in marcia con autogestione. Enichem presentò un ricorso giudiziario. Il pretore del lavoro, dr. Michele Di Schiena, propose una conciliazione che alla fine fu accettata da entrambe le parti: i due gruppi sarebbero stati rimessi in marcia fino a settembre. Enichem non assunse  tuttavia impegni per il 1986.

A maggio entrarono nuovamente in guerra i 1000 cassaintegrati ancora in formazione. Bloccarono gli ingressi del petrolchimico impedendo la movimentazione di tutte le merci e prodotti. Erano arrabbiati  e preoccupati per la prossima scadenza della CIGS, senza che si intravedessero per loro le benché minime possibilità di reimpiego. Il sindacato si impegnò a chiedere una proroga della CIGS al governo. Questo non bastò a calmare gli animi. I cassaintegrati chiedevano di più : la “ riduzione dell’orario di lavoro “ del personale occupato nel petrolchimico e la “rotazione della CIGS”. Passarono diversi giorni con i cancelli del petrolchimico presidiati. Il primo impianto a fermarsi per mancanza di materie prime fu l’MDI. Cominciarono a manifestarsi fratture tra lavoratori occupati e cassaintegrati. Anche i quadri, con un loro comunicato, presero posizione contro il blocco del petrolchimico. I sindacati, stretti tra due fuochi, continuavano a premere sul governo. Il ministro De Michelis, sollecitato anche dalle segreterie nazionali di categoria e confederali , disse che lui  “ era uno che rispettava gli accordi “ e che avrebbe portato intorno ad un tavolo tutti i sottoscrittori dell’accordo del 26 gennaio 1983.

Un primo incontro fu tenuto a Palazzo Chigi il 17 maggio ma  non ebbe esiti significativi. Fu necessario  organizzarne un altro. Finalmente, il 26 giugno 1985, a 29 mesi dall’accordo del 26.01.83, si giunse ad una  nuova intesa per il petrolchimico di Brindisi. Era articolata  in cinque punti: 1. la cassa integrazione straordinaria sarebbe stata prorogata per altri 30 mesi; 2. sarebbero immediatamente partite le opere di urbanizzazione della zona industriale per la localizzazione di nuovi investimenti produttivi; 3. Montedison si impegnava a riassorbire nel suo indotto, entro un anno dall’ultimazione di quelle opere di urbanizzazione, 150 cassaintegrati; 4. ENEL si impegnava a riservare, entro giugno 1987 e tramite concorsi, 170 posti per i cassaintegrati che avevano frequentato corsi di riqualificazione; 5. la regione Puglia ed i comuni della provincia di Brindisi interessati all’insediamento energetico si impegnavano a definire programmi per utilizzare le risorse della legge 393 n.8 ( si  trattava di 150 miliardi di lire che in due anni avrebbero potuto creare nuove opportunità occupazionali). Nella stessa intesa, si affermava che sarebbero stati messi  a disposizione dei cassaintegrati Montedison i posti che si fossero resi vacanti nella pubblica amministrazione e negli enti locali nei successivi due anni, con l’approvazione di uno specifico disegno di legge. Più vaghi furono gli impegni nel versante EFIM – Agusta. Prevedevano per l’area di Brindisi non meglio definite nuove produzioni aeronautiche in alternativa al progetto “ Canguro”, inserito nell’accordo del 26.01.83 e definitivamente tramontato.

A parte la proroga della CIGS, si trattava ancora una volta di impegni sulla carta.

Oltre a coordinare il progetto di riconversione professionale dei cassaintegrati ero entrato a far parte, a partire dal febbraio 1983, del team costituito da Montedison per monitorare e  sostenere le iniziative di indotto del petrolchimico. Alcune si concretizzarono ed assorbirono nel tempo un centinaio di cassaintegrati. Furono comunque meno numerose di quanto previsto nell’accordo del 26.01.83.  Ricorderò: Siprosuole, Ittica Sud, Europlastic, Tecnosic.

La nascita di un settore industriale “indotto” non era mai stata perseguita con convinzione da Montedison prima della ristrutturazione. Con oltre un milione di tonnellate annue di produzione polimeri si sarebbero potute insediare in provincia di Brindisi numerose aziende manifatturiere per la lavorazione delle materie plastiche. Avrebbero avuto sbocchi commerciali nell’industria del mobile, in quella automobilistica, nell’edilizia e in agricoltura, sia in ambito regionale che nazionale.

I mesi scorrevano velocemente. Nonostante la nuova intesa sottoscritta a Palazzo Chigi e la proroga della cassa integrazione avevo perso l’entusiasmo e la fiducia iniziali. La lunga marcia dei cassaintegrati si stava esaurendo. Gran parte di loro erano già approdati o attendevano passivamente il pensionamento (il possibile aggancio alla pensione era stato il principale criterio  adottato, senza eccezioni, da Montedison per la scelta del personale da collocare in cassa integrazione ). Molti cassaintegrati avevano accettato gli incentivi economici offerti da Montedipe per l’esodo volontario, alcune centinaia erano quelli  che avrebbero a breve trovato impiego nell’ENEL e nelle poche iniziative industriali di indotto del petrolchimico. Restavano ancora  500 – 600 cassaintegrati . Era diventato estremamente difficile formulare e gestire per loro  programmi formativi scollegati da reali sbocchi occupazionali.

Percepivo il mio impegno quasi inutile e senza prospettive il mio futuro professionale. Avevo rifiutato più volte il trasferimento da Brindisi e maggiori opportunità di carriera andando a ricoprire  altri ruoli nella direzione del personale del petrolchimico. Da 12 anni lavoravo in formazione, da oltre tre anni  coordinavo il progetto di riconversione e  reinserimento al lavoro  dei lavoratori cassaintegrati.

Agli inizi del 1986 Himont mi propose di assumere la posizione di capo del personale nello stabilimento di Brindisi (fino allora questa società aveva ricevuto il service amministrativo da Montedipe ed supporto dal capo del personale di Terni). Dissi che ero interessato, ma il direttore Montedipe, ing. Esposito, si oppose. Passarono pochi mesi. A giugno 1986  la direzione centrale Himont riformulò la richiesta ed io confermai la mia disponibilità. Esposito era stato nel frattempo trasferito a Terni, dove era diventato direttore della Moplefan. Il nuovo direttore Montedipe, l’ ing. Tamarozzi, diede infine il suo benestare al trasferimento.

Mi sostituì Giorgio Fiorentini, un valido collega fin dai tempi della Sicurezza, che mi affiancava da tempo nella gestione dei programmi di riconversione professionale dei cassaintegrati. I corsi proseguirono per altri anni. Il numero di cassaintegrati si assottigliò ulteriormente. La partecipazione ai corsi era diventata solo un mezzo di sostentamento economico, perduta per gran parte di loro anche  speranza di un reinserimento al lavoro …

 

Giuseppe Antonelli ( IX puntata. Continua )

 

4 Commenti

  1. ho seguito con attenzione, ed emozione, tutto l’ottimo lavoro di Antonelli al quale deve essere riconosciuto il merito di questo importante lavoro.
    Ciò che vorrei qui ricordare è l’impegno che alcuni di noi misero nella battaglia in difesa dell’ambiente e della salute dei lavoratori.
    Ricordo le nostre frequentazioni presso l’ENPI a Roma coi relatori della rivista “Securitas” (il prof. Plinio Odescalchi ed altri) a Padova , con alcuni docenti di Medicina del Lavoro (tutti viaggi a spese nostre).
    Credo proprio che se, tutto sommato, per quanto concerne l’inquinamento ambientale e le malattie professionali, a noi di Brindisi è andata un poco “meno male” di altre analoghe realtà territoriali ciò è dovuto anche a certe nostre battaglie.

  2. Tutto il lavoro che sta portando avanti Pino Antonelli merita un grande plauso perchè sta lasciando una traccia indelebile e degna di essere conosciuta della storia di Brindisi. Ho vissuto per 18 anni a Brindisi,essendo un lavoratore del petrolchimico, ed a <<<<<<<<<<<<<brindisi sono nati i miei figli. Cari ricordi e cari saluti. Antonio Ronca.

  3. salve,
    ho riscontrato l’articolo sulla “Montedison” molto interessante, forse perché sono stato collega di Giuseppe Antonelli ed insieme abbiamo vissuto per 37 anni all’interno del petrolchimico. Nel 1983, io sono passato all’Himont e quindi le nostre strade si sono divise.
    Vorrei chiederVi un’ultima cosa: é possibile avere tutta la storia in quanto mi sono perso qualche puntata?

    Grazie
    Giuseppe Scagliuso

    • per trovare tutte le puntate precedenti basta inserire la parola petrolchimico nella voce “cerca” che trovate sull’home page

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