Il nuovo Dpcm, anche le attività aperte rischiano la chiusura, l’allarme degli imprenditori

BRINDISI- (Da Il7 Magazine) Il nuovo Dpcm divide l’Italia in tre fasce, contraddistinte da tre colori in base al livello di allarme. Così il governo cercherà sino al prossimo mese di tenere sotto controllo la pandemia. Misure mirate a seconda del livello di rischio.  C’è il livello verde, con le misure base valide su tutto il territorio nazionale; il livello arancione, che prevede ulteriori restrizioni per le regioni con “scenario di elevata gravità e livello di rischio alto”; infine il livello rosso, per quelle zone dove lo scenario è di “massima gravità” e quindi c’è bisogno di misure ancora più stringenti. La Puglia rientra nella zona arancione . Il livello arancione riguarda le regioni “caratterizzate da uno scenario di elevata gravità e da un livello di rischio alto”. Qui, oltre alle misure valide dal 6 novembre (e fino al 3 dicembre) in tutta Italia, i cittadini devono rispettare delle altre restrizioni. Se una regione entra nel livello arancione, queste ulteriori restrizioni rimangono valide per almeno 15 giorni. Le misure del livello arancione comprendono limiti agli spostamenti. C’è il divieto di entrare e uscire da queste regioni, salvo che per spostamenti motivati da “comprovate esigenze”: motivi di lavoro, salute e urgenza. Rimangono consentiti gli spostamenti “strettamente necessari ad assicurare lo svolgimento della didattica in presenza”. Consentito anche il rientro al proprio domicilio o residenza. Per quanto riguarda gli spostamenti tra comuni, è vietato ogni spostamento – con mezzi di trasporto pubblici o privati – in un comune diverso da quello di residenza, domicilio o abitazione. Anche in questo caso, lo spostamento è consentito per le solite “comprovate esigenze”. Per quanto riguarda lo sport, si può fare attività motoria e sportiva all’interno del proprio comune e all’aperto. Nelle zone arancioni, inoltre, sono chiusi bar, pub, ristoranti, gelaterie, pasticcerie. Rimangono aperte mense e catering. Consentita la ristorazione con consegna a domicilio e, fino alle 22, l’asporto (con divieto di consumazione sul posto o nelle vicinanze). Queste misure più restrittive si aggiungono a quelle previste per tutta Italia. Anche nelle regioni considerate meno a rischio e quindi inserite in fascia verde, infatti, dal 5 novembre entrano in vigore nuove restrizioni. Rimane l’obbligo di mascherina all’aperto e al chiuso. Viene introdotto il divieto di uscire di casa dalle 22 alle 5 del giorno successivo: in questo orario ci si potrà spostare solo per “comprovate esigenze” (motivi di lavoro, salute, urgenza). La capienza dei mezzi pubblici (bus, metropolitane, treni regionali) viene portata al 50 per cento, anche se è fortemente raccomandato non spostarsi con mezzi di trasporto pubblici o privati. Per le scuole, è prevista la didattica a distanza al 100 per cento per le scuole superiori (tranne alcuni laboratori). Rimangono in presenza le attività delle scuole elementari e medie, ma è obbligatorio l’uso delle mascherine. Chiusi, oltre a cinema e teatri, anche musei e mostre. Chiuse anche palestre e piscine. Sospesi i concorsi, tranne quelli per il personale sanitario, e gli esami per l’abilitazione professionale. Per la ristorazione, rimane il divieto di apertura dopo le 18 (consentita consegna a domicilio e asporto fino alle 22). I centri commerciali, invece, chiudono nel week-end e in tutti i giorni festivi (tranne farmacie, alimentari, tabaccai ed edicole).

Il nuovo Dpcm, tuttavia, lascia molti dubbi, non solo interpretativi ma anche sulle garanzie ed i ristori per le categorie più colpite dalle restrizioni. A Brindisi l’economia soffre e non è solo quella rappresentata dai bar o dai ristoranti che chiudono e che in questo modo ricevono l’ennesima “ mazzata”. E’ convinzione unanime degli imprenditori che le chiusure parziali incidono anche sulle attività che restano aperte. “Chiudere tutto e lasciare aperti noi non ha senso. C’è un malessere diffuso e un ampio sconforto perché questo decreto non tutela tutte le categorie. Si era già detto con il precedente provvedimento che ci sarebbero stati dei ristori immediati per ristoranti, bar, pasticcerie ed invece non si è visto nulla- dice Francesca Scatigno rappresentante del Gruppo Partite Iva di Brindisi, lei stessa imprenditrice del settore cura della persona- Siamo spaventati dalla pandemia ma anche dal crollo economico. Tutte le attività sono collegate le une alle altre. Un esempio per tutti: la donna che è impegnata con la Dad o che non esce per andare al ristorante ovviamente non si preoccuperà di andare al parrucchiere o all’estetista. Non ne sentirà l’esigenza. Ecco perché riteniamo che questo chiudere parzialmente sia solo un modo, per il Governo,  per non assumersi le proprie responsabilità. Fanno finta di dare un contentino ma in realtà è tutto un disastro”. Resta inoltre il nodo dei ristori che getta ombre sul futuro di molte attività. “Tutto sommato resta la situazione di prima per gli artigiani e per coloro che si occupano della cura della persona. Al momento questi settori non vengono toccati, del resto sino ad ora sono riusciti a mantenere dei livelli di sicurezza molto alti. Il vero problema è il futuro, si vive giorno per giorno, anzi ora per ora visto che le cose possono cambiare da un momento ad un altro- dice Sonia Rubini, presidente provinciale della CNA di Brindisi- Ma c’è un altro problema che preoccupa ed è legato ai ristori, bisogna aiutare tutti, qui mancano molti codici Ateco nelle misure di conforto e questo non va bene. Tutti devono essere coinvolti. Oggi, ripeto, il nuovo Dpcm non influisce molto su alcune categorie ma aumenta ugualmente l’ansia e l’incertezza. A marzo forse non si sapeva a cosa si andava incontro ma ora si e bisogna intervenire. Qui c’è gente che non ha ancora ricevuto la cassaintegrazione di luglio. Questa volta qualcuno potrebbe non farcela”.

Anche la Confcommercio di Brindisi è preoccupata del futuro delle sue aziende e per questo ha scritto a tutti i sindaci della provincia per chiedere un incontro finalizzato ad avviare una fase di confronto sulle iniziative a sostegno delle imprese. “La situazione venutasi a creare in seguito alla risalita della curva epidemiologica Covid ed alla conseguente emanazione del Dpcm che limitano fortemente o vietano l’esercizio di alcune attività imprenditoriali -dice la Presidente di Confcommercio, Anna Rita Montanaro –  è davvero di difficile gestione. Le aziende nostre associate più interessate, discoteche, sale ricevimento, ristoranti, bar ,  sono evidentemente allo stremo avendo superato già con grande affanno la prima fase del lockdown e le numerose manifestazioni di proteste pacifiche che si stanno susseguendo sono la rappresentanza di un disegno reale. Ci auguriamo che il ‘Decreto Ristoro’ possa costituire una prima risposta al disagio delle imprese, ma siamo ben consapevoli che non sarà sufficiente a tenere in vita il sistema, specie se si ripeteranno i ritardi del recente passato.

E’ in questa consapevolezza che chiediamo anche alle amministrazioni locali una attenzione particolare verso le imprese più colpite che, per tanti versi, costituiscono il primo elemento di vitalità delle città, dei centri storici”. Ed aggiunge : Il problema, è evidente, non riguarda soltanto bar, ristoranti, pub, gelaterie e pasticcerie, ma l’intero comparto del commercio in quanto ci sono le condizioni, purtroppo, perché si arrivi ad un collasso dell’intero sistema commerciale, con la conseguente desertificazione delle città. E il dramma potrebbe essere ancora più evidente se non si riuscissero ad individuare soluzioni praticabili per il periodo natalizio. Tutto questo, ad esclusivo beneficio del commercio on-line gestito da grandi catene internazionali”.

Lucia Pezzuto per Il7 Magazine

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