“Il rischio del fallimento morale in epoca di vaccinazione di massa”

INTERVENTO/ “Il mondo è sull’orlo di un catastrofico fallimento morale” sono le parole del Direttore Generale dell’OMS che sferzano tutti, una filippica che sprona ad una doverosa riflessione: posto che il vaccino contro il SARS-COV-2 è un prodotto salva vita e che la sua importanza diviene sempre maggiore in considerazione dell’emersione di varianti genetiche più contagiose e rapidamente diffusive, “l’equità del vaccino non è solo un imperativo morale, è un imperativo strategico ed economico”. Non è tollerabile l’atteggiamento di chi ha in danno di chi non ha. AstraZeneca/Oxford, Moderna e Pfizer/BioNTech hanno ricevuto più di 5 miliardi di dollari di finanziamenti pubblici per sviluppare i loro vaccini, ma questa ricerca è stata trasformata in una gigantesca corsa all’oro stimolata e supportata attivamente dai paesi ricchi, che, con accordi bilaterali segreti con le suddette aziende, si sono accaparrati, tutte le dosi di Moderna e il 96% di Pfizer/BioNTech‎, generando, innanzi tutto, una spaventosa e globale diseguaglianza di salute per l’iniquità dell’accesso alla tecnologia salva vita dei vaccini contro il SARS-COV-2 e, in subordine, l’aumento ingiustificato del prezzo per dose, un mercato caotico, una risposta scoordinata e continue perturbazioni sociali ed economiche.

È in grave errore prospettico chi crede che questo problema riguardi esclusivamente i Paesi poveri, la cui protezione rimane un affare privato perseguito tramite uno strumento, frutto di un’alleanza autocratica tra i più ricchi e potenti del Mondo (il famoso 1%, anzi meno), quale è il programma “COVAX”, sostenuto da CEPIGAVI ed ACT dell’OMS. La combinazione tra la gara del “Me-First” e la gara tra multinazionali farmaceutiche in Europa, con la Germania che stringe accordi bilaterali segreti con Pfizer al grido di “too little, too late” ed accusando la UE di aver protetto gli interessi di Sanofi perché comprare di più da un’azienda tedesca non era nelle carte, ha rotto la solidarietà europea prevista dal piano strategico comunitario finalizzato ad offrire il prima possibile un accesso equo ed universale a un vaccino sicuro ed efficace dal costo accessibile.

A conferma della bruttezza di questa gara al “Me-First”, in Italia, nono Paese al mondo per vaccini somministrati ma purtroppo quarto per mortalità e sesto per numero assoluto di decessi, nonostante siano difesi dalla Costituzione, valori supremi quali la solidarietà e l’accesso equo ed universale alle cure, vengono continuamente messi in discussione, ora anche nell’ottica di questa gara, dal neo assessore alla Sanità della Lombardia  che parla di “ripartizione dei vaccini anche in base al Pil”, perché come disse parlamentare europeo leghista Angelo Ciocca “la Lombardia, è un dato di fatto, è il motore di tutto il Paese. Quindi se si ammala un lombardo vale di più che se si ammala una persona di un’altra parte d’Italia”. Affermazioni di una gravità inaudita, ma che si inquadrano nel contesto della ridotta distribuzione di dosi da parte Pfizer che ha inasprito la gara al “Me-First” in salsa italiana, quella dei 21 SSR in competizione tra di loro.

Così, questa perversa gara individualistica e spregiudicata giunge a minare la solidarietà e la correttezza che dovrebbero fondare le normali relazioni professionali nelle strutture sanitarie coinvolte nella lotta al COVID-19. Da un lato, nella logica dei 21 SSR, osserviamo che in Emilia Romagna, come in Lombardia etc., alla stregua delle indicazioni del commissario Arcuri che ha scritto alle Regioni di considerare, nella pianificazione delle vaccinazioni, “chiunque lavori nei presidi ospedalieri, a qualunque titolo” allo scopo di raggiungere il prima possibile l’obiettivo di avere ospedali COVID-free, vengono vaccinati e rendicontati sul sito nazionale, oltre al personale sanitario e sociosanitario inserito nelle priorità nazionali,  anche il personale non sanitario, come ad esempio gli amministrativi, i tecnici e i dipendenti delle aziende che garantiscono i servizi in appalto (pulizie, pasti, ecc.). Dall’altro, in Puglia (e nell’ASLBR in particolare) la vaccinazione di alcuni dipendenti non sanitari dell’ospedale COVID ha assunto le proporzioni di uno scandalo mediatico che ricalca il pregiudizio inerente al dipendente pubblico, pugliese (meridionale) furbetto e ladruncolo che non riconosce il valore della res pubblica e, contemporaneamente, potrebbe ingenerare la pericolosa sensazione che l’ingresso del privato, in una logica di mercato, sia più efficiente e più efficace nella gestione della campagna vaccinale.

Antonio Macchia

segretario CGIL

 

Certo, bene ha fatto l’Assessore alla salute della Regione Puglia, in concomitanza del “vax-day” a non cedere alle lusinghe anche narcisistiche della gara al “Me First”, lasciando il proprio posto ad un anestesista rianimatore, ma questa organizzazione sindacale non può sottacere che sono necessarie comunque, oltre a queste azioni simboliche, anche delle azioni concrete finalizzate a rideterminare nuovo paradigma gestionale del nostro Sistema Sanitario che rilanci il suo primato nella prevenzione, quale diritto e  “patrimonio” di tutti, non solo di chi arriva primo, ma insieme come un’unica famiglia.

 

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