L’antico monastero benedettino in vendita: un privato vorrebbe farne un albergo con negozi

BRINDISI- (Da Il7 Magazine) La ex Caserma Carafa D’Andria dell’XI sec. in vendita, l’immobile in disuso da anni ora potrebbe diventare una struttura ricettiva nel cuore del centro cittadino di Brindisi. E’ uno dei beni monumentali più antichi della città, conosciuta perché sorge in via Marconi, nel cuore del centro storico e soprattutto perché annessa alla Chiesa e al Chiostro di San Benedetto. La ex Caserma Carafa D’Andria, infatti nasce come Monastero Benedettino, dove secoli avevano dimora le Monache di Santa Maria Veterana, dette anche le Monache Nere di San Benedetto. Oggi questa imponente struttura di oltre 5mila metri quadri, 5781 per la precisione, compare in bella mostra sul sito immobiliare della Cassa Depositi e Prestiti. La ex Caserma è tra quei beni messi in vendita la cui destinazione d’uso, scrivono, è “commerciale”.

La proprietà è al 100 per cento della CDP Immobiliare e viene descritto nella brochure, come un immobile “in posizione strategica, in pieno centro storico e vicino all’area portuale; è adiacente alla monumentale chiesa ed al chiostro di S. Benedetto, entrambi costruiti in epoca medievale, e si colloca, inoltre, a ridosso dell’area pedonale commerciale della città. L’immobile è ben collegato con le maggiori direttrici viarie e dista meno di 1 Km dalla stazione ferroviaria e circa 2 km dall’aeroporto della città”. Inoltre aggiungono che “L’immobile, costruito sui resti del chiostro del monastero Benedettino d’epoca medioevale, è stato completato nella sua attuale conformazione nel secolo scorso per essere adibito a caserma fino agli anni ’80. Si sviluppa per tre piani fuori terra per una superficie lorda complessiva (inclusi terrazzi) di 5.781 metri quadri. Gli spazi interni sono caratterizzati da ampi ambienti voltati a crociera che ospitavano gli uffici, ed è dotato di aree cortilizie di pertinenza, di complessivi 890 metri quadri”. Insomma un gioiello dell’architettura a portata di mano. Peccato che il Comune di Brindisi non sia stato in grado di acquisirlo. Il bene, originariamente proprietà del Demanio dello Stato è finito nella Cassa Depositi e Prestiti proprio perché il Comune di Brindisi non aveva i fondi sufficienti per acquistarlo, pur avendo il diritto di prelazione. Oggi la preoccupazione maggiore è che possa finire nelle mani di qualche privato che voglia farne una struttura turistico ricettiva demolendone la bellezza e il valore storico. L’allarme è stato lanciato qualche tempo fa anche dall’ Associazione Brindisi e le Antiche Strade, presieduta da Rosy Barretta, che ha già segnalato al Comune di Brindisi, alla Soprintendenza Archeologia Belle Arti e Paesaggio di Brindisi, Lecce e Taranto, nonché alla Prefettura di Brindisi, la situazione. L’ultima volta che si sono aperte le porte della ex Caserma Carafa D’Andria è stato nel 1997 quando la struttura fu utilizzata per ospitare i sopravvissuti della terribile tragedia della nave Kater I Rades. Era la notte del 28 marzo 1997 quando la nave albanese fu speronata dalla corvetta della Marina Militare Sibilla, morirono 54 persone , altre 24 non furono mai trovate mentre in 34 sopravvissero. Quei 34 furono ospitati proprio all’interno delle mura della ex Caserma Carafa, fui lì che un Silvio Berlusconi commosso andò a trovarli per porgere le condoglianze a nome dello Stato Italiano. Dopo quell’episodio le porte dell’antico immobile si sono chiuse.

Oggi qualcuno ha il timore che possa fare una brutta fine e che il nuovo acquirente possa ignorare la storia che c’è dietro quel portone. La ex Caserma Carafa D’Andria fu Monastero delle Monache di Santa Maria Veterana, o Monache Nere di San Benedetto, probabilmente poggia le sue fondamenta sul Monastero dei Monaci Basiliani dell’VIII – IX sec., distrutto dai Saraceni nel IX sec.

“Il bene, divenuto demaniale nel 1866 a seguito della soppressione degli Ordini monastici con l’Unità d’Italia, è stato utilizzato quale caserma nel secolo scorso, con alterazioni varie e realizzazione di superfetazioni, quindi abbandonato- raccontano- Tuttavia esso mantiene nella sua configurazione complessiva i tratti salienti dell’edificio medievale, evidenti anche in facciata, con stemmi ed arcate e con la presenza dell’antico Arco del Parlatorio in drammatico stato di degrado. Il complesso, inoltre, abbraccia su tre lati anche il Chiostro di San Benedetto, con volumi di primo piano che comprendono pregiati ambienti voltati posti al di sopra della Sagrestia e ad altri spazi medioevali in utilizzo da parte della Chiesa”.

Questo bene è vincolato con Decreto del MIBACT del 14 settembre 2006, in quanto “dichiarato di interesse storico artistico ai sensi dell’art. 10 comma 1 del D.Lgs. 22 gennaio 2004 n. 42”. Nel 2011 il Comune di Brindisi, in attuazione dell’art. 5, comma 5, del D.Lgs. 28 maggio 2010 n. 85. Trasferimento agli Enti, chiedeva l’acquisizione dell’intero complesso, adducendo che “…. Data la contiguità con un bene di interesse nazionale, quale la Chiesa di San Benedetto, il recupero e la rifunzionalizzazione del monastero costituirebbe un intervento strategico per la costruzione di un nuovo polo museale, con finalità anche di accoglienza e sosta per i tanti turisti e visitatori”. Il Comune di Brindisi, però , non è mai entrato in possesso, il Demanio non ha mai avuto intenzione di cederlo a titolo gratuito come quei 28 beni concessi alla città con la finalità di valorizzarli. Piuttosto il Demanio avrebbe voluto dal Comune di Brindisi un guadagno in denaro che ovviamente l’amministrazione non possedeva. Ora quella superficie di 2.900 metri quadri , comprensiva di chiostro e cortili, che si sviluppa complessivamente per 4.300 metri quadri sui vari livelli rischia di perdersi.

“Voci bene informate riportano che il bene in oggetto si appresti a divenire un albergo – o comunque un luogo di ospitalità – per i migranti e, considerate le importanti dimensioni del complesso, si presuppone potrebbe ospitare un numero molto consistente di persone- dice l’Associazione Brindisi e le Antiche Strade- Ciò desta enorme preoccupazione tra i cittadini”.

In particolare l’Associazione teme che possa essere violata la natura del bene vincolato, certamente manomesso nel corso del XX secolo, ma tale da contenere le tracce dell’edificio medioevale. “Voci qualificate affermano, una tra tutte, che le antiche colonne del chiostro principale siano inglobate nei pilastri attualmente visibili- dicono- si ritiene, pertanto, che un simile complesso architettonico medioevale, oggi, debba essere prima di tutto restituito alla sua leggibilità storica attraverso un accurato progetto di restauro, recupero e valorizzazione, non escludendo le opportune valutazioni di carattere archeologico. D’altra parte l’utilizzo tal quale ai fini sopra detti sarebbe causa di danni gravi ed irreparabili, come facilmente immaginabile”. Non solo , ritengono , anche , che una struttura di così importanti dimensioni adibita ad usi diversi da quelli tradizionali, che possono essere residenziale,commerciale, terziario, sarebbe tale da modificare l’assetto ed il funzionamento non solo del quartiere, ma dell’intero centro storico e conseguentemente della città in generale, senza che questo passi da una attenta valutazione di carattere urbanistico.

Al contrario l’ex Monastero delle Monache Nere di San Benedetto, già Caserma Carafa, potrebbe essere utilizzato diversamente magari con finalità a carattere e vocazione turistica, considerata anche presenza quotidiana di numerosi gruppi di turisti, inclusi i croceristi, che si recano presso la Chiesa ed il Chiostro di San Benedetto, uno tra i monumenti più visitati della città.

Lucia Pezzuto per Il7 Magazine

1 Commento

  1. Farne un punto di accoglienza per migranti non credo risponda alle caratteristiche storiche dello stabile. Invece trasformarlo in albergo sarebbe una soluzione appropriata e che potrebbe dare risalto alle peculiarità architettoniche nascoste da tanti anni di uso e abuso con modifiche non appropriate ma consentite dalla qualifica di “zona militare” (come per esempio il castello di terra deturpato da tante opere accessorie addizionali). Non dimentichiamo che a Roma, culla del cattolicesimo, molti conventi sono stati trasformati in case di accoglienza e soccorso per …viandanti e pellegrini. Organismi che, non solo si sono appropriati dei conventi ma che non risultano alberghi e né tantomeno, contribuenti.

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