Le associazioni del 118 sul piede di guerra: “Ora parliamo noi”

BRINDISI-«Il sistema del 118 è malato e la colpa è unicamente delle associazioni di volontariato che sfruttano i lavoratori, approfittano dei fondi pubblici, delinquono e, per di più, si sono rese evidentemente partecipi della “più colossale operazione di sfruttamento di lavoro nero” con la complicità della Regione Puglia». Le associazioni di volontariato che gestiscono il servizio del 118 in Puglia grazie alle convenzioni stipulate con le Asl del territorio, da tempo si trovano a doversi difendere da accuse come queste, riportate proprio dai portavoce delle suddette associazioni.

Ora, però, i responsabili hanno deciso di dire la loro, rivolgendosi a tutti gli enti interessati al servizio che prestano e alla loro vicenda. «Strano che nessuno abbia posto l’evidenza sulle ataviche criticità del sistema, degli ospedali, delle Asl, sulla carenza di medici, di infermieri, sulle postazioni del 118 su cui, soprattutto nel periodo estivo, restano ad operare unicamente autisti e soccorritori delle associazioni, in parte dipendenti, in parte volontari».

I responsabili di Anpas – Comitato Regionale Puglia, Misericordie – Conferenza Regionale Puglia, Consorzio Emerpuglia Bari,   Coordinamento Associazioni Provinciali BT, Cotes Brindisi, Cotes Foggia,  Cotes Lecce, Consorzio Emergency Taranto hanno rotto il silenzio dopo la tragica scomparsa, la scorsa settimana, e le conseguenti polemiche, di una soccorritrice, a Trinitapoli, mentre tentava di spegnere un incendio. «Assistiamo in questi giorni a una rinnovata attenzione verso le tematiche del lavoro in tema di Set 118 rilevando come tutti si prodighino a ergersi difensori di un sacrosanto diritto, dimenticando però che due anni or sono i coordinamenti provinciali delle associazioni e i responsabili delle federazioni nazionali avevano chiesto a gran voce di prestare maggiori attenzioni verso questa tematica, estendendo almeno a 6 il numero dei dipendenti. Nulla di fatto, la Regione Puglia ritenne non attuabile la proposta, aggettivando i proponenti come “visionari”».

Le associazioni, quindi, tornano sugli antichi problemi che affliggono il mondo del volontariato. «Oggi, invece, assistiamo a una squallida mistificazione della realtà allorquando si confonde il necessario e tanto auspicato “diritto al lavoro” con lo status di “volontario”, per quanto professionalizzato. Si sfruttano le giustificabili aspettative di ragazze e ragazzi con il rischio di illuderli ancora una volta, come sempre». Bisognerebbe, insomma, chiarire alcuni punti fermi. «Sfugge a tutti, tecnici e politici, che le associazioni sono state fondate su principi di solidarietà. Le associazioni non sono il 118 semmai ne concorrono alla gestione con lo strumento della convenzione come previsto dalla legge e lo fanno anche bene grazie alla dedizione di tutti i loro aderenti. E se nei piani vi sia la volontà di escluderle dal sistema avete il dovere di renderlo pubblico».

Detto questo, si passa alle accuse. «Oggi tecnici e politici scoprono magicamente che nel sistema dell’associazionismo, ancor più se legato alle convenzioni, possano esserci alcune finte realtà associative costituite per gestire il “business”. E se ciò corrisponde al vero, continuiamo da giorni a chiederci: chi ha consentito loro di ottenere le necessarie iscrizioni ai pubblici registri? Chi ha consentito loro di ottenere le necessarie autorizzazioni sanitarie pur non avendone i requisiti? Chi ha omesso controlli su di esse?» È arrivato il momento, secondo i responsabili, di mettere un freno a questa situazione. «Ora basta! Ora sono le associazioni che chiedono garanzie, anzi, le pretendono in primis per i volontari che di certo non sono “lavoratori in nero”, come a qualcuno piace tanto identificarli bensì, appunto, volontari che rivendicano un giusto, sacrosanto, necessario e non più procrastinabile diritto al lavoro. E poiché abbiamo il timore che questo sia l’ennesimo avvio di un percorso che possa portare, come tutti i precedenti, a un nulla di fatto, riteniamo opportuno uscire di scena, sin da subito, così da scuotere un po’ di più le coscienze soprattutto di coloro che governano il nostro territorio». L’annuncio delle associazioni, alla luce di questa situazione, è di quelli shock. «È, quindi, doveroso preannunciare che nei prossimi giorni è intenzione delle associazioni formalizzare congiuntamente su tutto il territorio regionale, all’esito della verifica dei vincoli contrattuali, la volontà di recedere anticipatamente dagli obblighi convenzionali così da costringere tecnici e politici a una piena assunzione di responsabilità e far si che possano finalmente preoccuparsi di garantire il diritto al lavoro per centinaia di ragazze e ragazzi.

È altresì doveroso preannunciare, inoltre, che le associazioni sospenderanno tutte le attività che vedono impiegate quotidianamente le proprie ambulanze per i trasferimenti secondari, per le consulenze diagnostiche, per le dimissioni e i ricoveri programmati. Forse solo in tal modo si potrà riuscire a far comprendere che è un obbligo per la politica adeguare la legge regionale per il rilascio delle autorizzazioni sanitarie per l’attività di trasporto e soccorso che, vecchia di vent’anni, risulta oltremodo monca del tariffario regionale la cui assenza ha consentito a talune testate giornalistiche, anche in passato, di appellare troppo genericamente le associazioni “profittatrici” del disagio altrui».

 Maurizio Distante

 

 

 

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