Marina e Marco, tra gli artificieri che hanno disinnescato la bomba una coppia speciale

BRINDISI- ( Da Il7Magazine)Una coppia “esplosiva” tra i 15 artificieri che domenica scorsa, 15 dicembre , hanno disinnescato l’ordigno bellico rinvenuto nei pressi della Multisala Andromeda di Brindisi. Marina Pinto e Marco Giusto sono marito e moglie, ma sono anche due militari della Brigata meccanizzata Pinerolo 11^ Reggimento Genio Guastatori di Foggia. Entrambi hanno partecipato alle operazioni di disinnesco della bomba che ha portato all’evacuazione di ben 54mila persone dalla città di Brindisi. Per giorni hanno lavorato fianco a fianco in questa operazione balzata alle cronache nazionali, ma pochi sanno che sul campo c’era anche questa coppia. Il loro è un lavoro di squadra che svolgono con estrema professionalità, entrambi uniti dalla passione per un mestiere che spesso richiede sacrificio, ancor di più quando poi sul campo a districarsi con mille emergenze c’è una donna che si fa strada in un ambiente notoriamente maschile. Il rapporto coniugale, tuttavia, non sembra affatto risentirne proprio perché Marina coltiva la passione per l’esercito sin da quando era bambina. Marina Pinto ha 37 anni, originaria di Monopoli. E’ un Caporal Maggiore Capo addetta alla movimentazione dei mezzi speciali. “Sono nell’esercito dal 2005 faccio questo lavoro per passione, una passione innata sin da quando ero bambina- racconta con orgoglio- Ho accettato questo incarico perché mi permette di fare tante cose belle per la popolazione italiana ma anche all’estero. Sono stata in Afghanistan e nelle varie emergenze nazionali. Mi sono occupata di emergenze quali terremoti, alluvioni e frane”.
Marina è un operatore dei mezzi speciali del Genio, sulle sue spalle gravano grandi responsabilità. Utilizzando questi mezzi ha il compito, spesso , di garantire la sicurezza dei suoi colleghi e delle popolazioni per le quali opera. Non mancano le situazioni di rischio , ma lei di questo ne è consapevole.
“E’ vero affrontiamo molte situazioni rischiose, ce ne rendiamo conto. Tuttavia non ho mai avuto particolari preoccupazioni -dice- perché ci fidiamo del nostro personale. In questo caso dei nostri artificieri. Sin dall’inizio eravamo abbastanza tranquilli, sapevamo che la situazione per quanto delicata era monitorata abbastanza bene. Sono stata contenta di aver preso parte a questa operazione. Non avevo mai partecipato al disinnesco di una bomba, per me è stata la prima esperienza di questo tipo. Devo dire che è stato molto interessante”.
Marina ha dato così il suo supporto agli artificieri che di fatto si sono occupati poi di de spolettare l’ordigno, una bomba da 500 libbre con 40 chili di tritolo ed in più danneggiata, tanto da richiedere misure speciali di sicurezza. Il suo compito è stato quello di realizzare un barricamento per proteggere i suoi colleghi. Per un giorno intero con i mezzi speciali dell’esercito ha movimentato sabbia e cassoni metallici in grado di attutire l’eventuale deflagrazione della bomba.
“Abbiamo costruito una barriera per proteggere gli operatori che avrebbero spolettato la bomba- racconta- Una barriera di hesco bastion alta due metri, fatta con cassoni metallici pieni di sabbia. Io mi sono occupata di sistemarli e riempirli con le macchine”.
Il bastione hesco è un moderno gabbione usato normalmente per controllare le inondazioni, ed a livello militare come un particolare bastione. Il nome proviene dalla compagnia britannica che lo ha sviluppato alla fine degli anni ottanta. E’ costituito da un contenitore fatto con tondini metallici, mentre al suo interno può alloggiare grandi quantità di terra e sabbia. Si può utilizzare come misura temporanea o semipermanente per rinforzare gli argini o in campo prettamente militare a protezione di esplosioni, proprio come è stato fatto a Brindisi.
Nonostante la sua giovane età Marina ha partecipato anche in missioni all’estero come quella in Afghanistan.
“L’esperienza in Afganistan è stata molto importante, mi sono occupata sempre di mezzi speciali, abbiamo sistemato una base a Farah- racconta- abbiamo costruito anche lì i muri di hesco bastion per recitare la base. Una base nuova che aveva bisogno di essere messa in sicurezza. Tuttavia l’esperienza che mi ha segnata di più è stato il terremoto in Abruzzo . E’ stata un’esperienza molto forte, sono stata solo un mese, ma è stato molto intenso più che altro per la sofferenza della gente che era stata colpita da quell’evento”.
All’esterno come in giro per l’Italia , per un militare stare lontano da casa non è mai semplice, soprattutto per una donna come Marina che ha un marito che fa il suo stesso mestiere. Talvolta i due si ritrovano a partecipare alla stessa missione, altre volte no.
“L’unico momento difficile per noi militari è star lontano dalle famiglie -ammette la donna- Ci sono i rischi ma si superano anche con l’aiuto dei colleghi , siamo molto uniti. Tanto all’esterno quanto sul territorio nazionale , ci si aiuta, e poi l’unione fa la forza”. Essere un militare dell’esercito lo si è prima nel cuore e poi con la divisa e i gradi, è questo che muove tutto ed il fatto che Marina sia una donna in un ambiente notoriamente e prevalentemente maschile non sembra essere un problema.
“Assolutamente no, non è un problema e non lo è mai stato- dice- Nonostante sia un ambiente prevalentemente maschile , è bello lavorare qui e confrontarsi con i colleghi, poi c’è da dire che la mentalità è un po’ cambiata . Si sta bene”. Del resto, c’è da dire, che nel Reggimento di cui fa parte Marina la quota rosa non manca, con lei ci sono altre 37 colleghe.
Marina è sposata da sette anni con Marco Pinto ed il fatto che siano colleghi non le crea alcun problema. “Mio marito lavora con me-dice- Ma sul lavoro siamo solo colleghi, siamo molto professionali, fuori dal lavoro poi siamo marito e moglie. Un giorno pensiamo anche di avere dei figli, sarà faticoso fa si può fare”.
Accanto a lei Marco sorride ed alla fine anche lui ammette che lavorare assieme è bello . “Siamo sposati dal 2012, stranamente non ci crea nessun tipo di problema , anzi siamo anche bravi perché dopo l’orario lavorativo a casa riusciamo a non parlare di lavoro- dice Marco-Anche perché vivendolo insieme è già sufficiente, così preferiamo parlare di altro. Abbiamo già lavorato insieme, abbiamo condiviso altre operazioni, alla fine ci siamo conosciuti così . Eravamo in due reparti che hanno lavorato insieme, e ci siamo innamorati”.
La professionalità paga, perché sul posto di lavoro sono in pochi a sapere e ad accorgersi che Marina e Marco sono marito e moglie. E se Marco talvolta si preoccupa per la moglie alla fine non lo da a vedere. “Nel mio io mi preoccupo per lei sul luogo del lavoro ma poi non lo da a dimostrare anche perché lei è brava e sa badare a se stessa-dice- E’ ovvio che il senso di protezione c’è sempre , come c’è per quello che facciamo ogni giorno”. Ma c’è di più, Marina è un Caporal Maggiore Capo e Marco è un Caporal Maggiore Scelto, di fatto lei è più alta in grado rispetto a lui e spesso si ritrova anche ad impartire ordini al marito. Anche se lui alla fine, con un sorriso, dice: “Ancora per poco, tra dieci giorni però la raggiungo e ci mettiamo al pari”.

Lucia Pezzuto per Il7Magazine

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