Settanta brindisini vivono da clochard: la fotografia spietata dei nostri “invisibili”

BRINDISI- (Da Il7 Magazine)  Dormono in giacigli improvvisati, al freddo e al gelo, non possono accedere ai servizi sanitari e igienici, non hanno neppure da mangiare, spesso sono anche perseguitati e aggrediti. Sono le condizioni di estrema povertà in cui vivono ben 70 persone nella città di Brindisi, tutti cittadini italiani. Tra questi molte famiglie anche con minori. E’ questa la fotografia, a dir poco allarmante, scattata da due cooperative, Amani e Solerin , incaricate dal Comune di Brindisi di redigere un report sulle “Azioni di contrasto alla povertà estrema nella città di Brindisi”. Lo studio è stato finanziato attraverso un progetto della Regione Puglia e attivato dai Servizi Sociali comunali. La finalità è quella di elaborare delle politiche strutturali adeguate per intervenire e dare una risposta a queste situazioni.

“Abbiamo condotto per conto del Comune di Brindisi una ricerca da cui poi è scaturito questo report- ha spiegato Maurizio Guadalupi, presidente della Cooperativa Solerin- Per sette mesi hanno lavorato cinque persone tra operatori sociali, e psicologi attivando una rete di collaborazione anche con volontari e Caritas”. In questi mesi è stata organizzata una unità di strada che ha battuto palmo a palmo la città di Brindisi intercettando ben 70 persone  in situazione di povertà estrema . In realtà quello che emerge , come dice Guadalupi, è solo la punta dell’iceberg, perché molte altre situazioni restano sommerse, famiglie che pur trovandosi in difficoltà vivono rintanate in casa e non lasciano trapelare il loro disagio. La povertà estrema in cui vivono queste persone è legata alle necessità fisiologiche di base: bisogni primari, minimo vitale, fabbisogno nutrizionale minimo, disponibilità di beni e servizi essenziali per la sopravvivenza. Ma a queste si aggiungono anche coloro che vivono in povertà relativa che vuol dire “relativa” agli standard di vita prevalenti all’interno di una data comunità. Ma non capita di rado che proprio chi si trova in condizioni di povertà relativa finisca poi per precipitare in quelle di povertà assoluta

“Spesso persone che si trovano in situazioni di povertà relativa gravate da problemi anche psicologici e di dipendenze finiscono per passare in condizioni di povertà estrema- dice Guadalupi- In questi mesi abbiamo stabilito un legame con questi uomini e con queste donne e ricostruito le loro storie. Nel contempo abbiamo anche cercato di dare loro una copertura sanitaria, indirizzarli verso i presidi sanitari per la prevenzione del Covid e dato consulenze per l’affermazione dei loro diritti. Abbiamo dato loro assistenza creando un kit di sopravvivenza che comprendeva coperte, scarpe, set di pulizia, vestiario, con l’aiuto dell’Arci abbiamo recapitato i pacchi”.  Le persone intercettate sono tutte autoctone, brindisini che vivono al margine della società e di cui la comunità spesso neppure si accorge. “Questo lavoro è durato 7 mesi, finanziato attraverso un progetto della Regione Puglia- spiega , ancora, il presidente di Solerin- La finalità era quella di intercettare queste persone, dare una lettura della situazione. Abbiamo affrontato questo problema in maniera sistematica anche per lasciare delle tracce  e dare indicazioni sui bisogni per creare delle politiche strutturali sia per la povertà estrema che per quella relativa. Bisogna conoscere il problema altrimenti non si può intervenire. L’Europa in questo ha fallito, l’Agenda 2020 ha fallito, ora bisogna puntare sull’Agenda 2030, attivare delle politiche di lotta alla povertà che puntino sull’housing sociale”. Il social housing, di cui parla Guadalupi,  si colloca a metà tra l’edilizia popolare e le proprietà private vendute o affittate a prezzo di mercato. L’obiettivo principale di questa edilizia sociale è fornire alloggi con buoni o ottimi standard di qualità, a canone calmierato, che non superi il 25-30 per cento dello stipendio. Il quadro sulla povertà estrema che emerge nella città di Brindisi è piuttosto eterogeneo. Le persone sono eterogene. “Questo lavoro è stato utilissimo perché non è basato su informazioni raccolte attraverso uno sportello ma attraverso le unità di aiuto- prosegue Guadalupi- Caritas e volontari ci hanno aiutato ad avvicinare la gente e a distribuire i viveri”.  Il report riporta dei dati allarmanti, ancor più gravati dal fatto che molte di queste situazioni sono sommerse e persino i Servizi Sociali del Comune di Brindisi le ignorano. Tra queste 70 persone censite ci sono 39 famiglie con 8 minori.  L’età media è compresa tra i 30 e i 53 anni. Uno su due ha la licenza media . Il 57 per cento sono uomini , il resto donne. Il 61 per cento sono disoccupati, il 15 per cento mendicanti, 11 per cento pensionati. Una famiglia su due ha almeno un elemento che percepisce il reddito di cittadinanza ma non certo sufficiente a dare da mangiare al resto dei congiunti. Il 60 per cento non ha aiuti né dalle famiglie e né da amici. Il 90 per cento si rivolge ad associazioni e Caritas per avere aiuto.

“Abbiamo confrontato il dato locale con quello nazionale- dice Guadalupi-  Emerge che in Italia 50mila persone sono senza fissa dimora, dato Istat , pari allo 0,08 per cento. A Brindisi è lo 0,07 per cento del totale della popolazione”.

Per quanto riguarda la condizione abitativa poi  17 persone sono senza tetto, 3 persone senza casa. 15 persone su 70 utilizzano una casa popolare ma non riesce a far fronte alle spese, incluse le utenze.

Il 54 per cento delle famiglie è ad esclusione abitativa.  Fortunatamente i minori hanno un ricovero ma non è adeguato , vivono in un contesto precario e critico che riflette anche la povertà educativa.  Questa gente, circa l’87 per cento, chiede di conoscere i diritti e i servizi, il 67 per cento chiede un ricovero.

“Molti si arrangiano , anche per l’igiene personale cercano di usufruire dei bagni della stazione ferroviaria ma i servizi sono a pagamento, inoltre hanno problemi anche a stare per strada, problemi di sicurezza , spesso vengono seguiti e aggrediti. Senza contare che non riescono ad accedere ai servizi sanitari e ai mezzi di trasporto- riferisce Guadalupi- Quello che non proponiamo sono progetti a breve termine : un ricovero per poveri, servizi igienici, giacigli garantiti, lavanderia armadietti. Chi ha problemi di dipendenze o psichici dovrebbe avere l’opportunità di essere assistito, protocolli tra Asl e Comuni potrebbero fare al caso , protocolli operativi d’intervento , servizi di prossimità. Il volontariato è importante, così il terzo settore ma servono politiche strutturali per risolvere il problema”.

Luia Pezzuto per Il7 Magazine

 

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