Storia del Petrolchimico: fatti gli impianti bisognava formare gli uomini

LA STORIA (quarta puntanta)- La costruzione del petrolchimico si concretizzò nella primavera del 1962 con l’avviamento dei primi impianti di produzione. Il complesso industriale faceva inizialmente capo a due distinte società dello stesso gruppo: la Polymer e la Montecatini. La prima possedeva gli impianti per la produzione del policloruro di vinile,  la seconda quelli dell’area petrolifera (le due società si sarebbero poi fuse nel 1968 quando l’intero petrolchimico passò sotto la direzione della Montecatini). A causa di numerosi errori nella progettazione/realizzazione degli impianti, e nonostante i contributi elargiti dalla Cassa del Mezzogiorno,  i costi complessivi furono di gran lunga superiori a quelli preventivati e pesarono sul bilancio dell’intero Gruppo Montecatini , tanto da costringere il presidente Piero Giustiniani alle dimissioni.

 Parallelamente alla costruzione degli impianti fu avviato un vasto programma di  inserimento al lavoro per migliaia di lavoratori. Emersero a quel punto forti discrepanze tra le necessità aziendali  e la carenza nel territorio brindisino di personale tecnico qualificato.

 L’ istituto industriale G. Giorgi, avviato nell’anno scolastico 1958/59  aveva due sole specializzazioni (Telecomunicazioni ed Elettronica), non corrispondenti alle maggiori necessità di Montecatini;  non era stato comunque  in grado di sfornare i suoi diplomati qualche tempo prima della messa in marcia degli impianti di produzione. Questo scollamento tra programmazione scolastica e le  necessità della nascente industria chimica perdurò per molti anni. Basti pensare che solo nel 1962 venne istituita a Brindisi la specializzazione di Chimica Industriale,  addirittura nel 1980 quella di Termotecnica. Anche gli istituti professionali, pochi e male attrezzati, non fornivano diplomati sufficienti per soddisfare la richiesta di operai specializzati.

 Tutto ciò indusse Montecatini ad organizzare direttamente, in località Punto Franco, numerosi corsi per operai delle varie specialità. Affrontò le difficoltà trasferendo anche  a Brindisi numerosi ingegneri, tecnici e capi operai da altri siti produttivi        ( Ferrara, Terni, Crotone ). Un’ultima  soluzione fu quella di organizzare un paio di  corsi di riconversione di giovani geometri brindisini in periti industriali, con un periodo di  addestramento pratico presso gli stabilimenti del nord Italia. Quando alla fine degli anni ’60 pochi brindisini iniziarono ad occupare posizioni di capo reparto erano per lo più quei geometri riconvertiti periti industriali. Va detto anche che essi sopperirono alle carenze della loro istruzione di base con notevoli  doti di notevole impegno ed entusiasmo, che la Direzione Montecatini riconobbe pubblicamente in più occasioni.

 Fatto sta che quando nel giugno 1964 si diplomarono i primi 11 periti  dell’ istituto industriale G. Giorgi (molti iscritti negli ann i precedenti si erano ritirati ),  i ruoli tecnici organici nel petrolchimico erano quasi tutti ricoperti.

 Anch’io ero stato tra i primi 38 giovani iscritti nell’anno scolastico 1958/59, poi per problemi di salute insorti proprio in corrispondenza dell’inizio del secondo anno scolastico  fui costretto  a ritirarmi. Mi diplomai pertanto con un anno di ritardo a  giugno 1965 . Come i colleghi del primo corso trovai tuttavia lavoro abbastanza presto: diventammo quasi tutti insegnanti di materie tecniche nello stesso istituto industriale. In quegli anni gli ingegneri scarseggiavano e soprattutto erano pochi quelli che aspiravano a far carriera nella scuola, attratti  dalla forte e più remunerativa domanda proveniente dall’industria (a Brindisi come nel resto di Italia).

 Ottenni un incarico annuale come docente di disegno meccanico presso la sezione distaccata di Francavilla Fontana. Il disegno, a dire il vero, era un’ attività che avevo detestato da studente, come altre materie tecniche (pur essendo sempre stato promosso a giugno ). Andavo invece molto bene in italiano, storia, geografia, diritto. La mia iscrizione all’istituto industriale era stata una necessità non una scelta. Mia madre, vedova e ancora alla ricerca di un lavoro stabile come ostetrica, non era in grado di assicurarmi la prosecuzione degli studi dopo il diploma con l’iscrizione all’università, inevitabile se mi fossi iscritto al liceo classico. Chiusi così  in un cassetto  il sogno di iscrivermi a medicina e diventare un buon medico, come lo erano stati mio nonno Giuseppe e mio zio Amerigo, molto  apprezzati a Brindisi nei primi tre decenni del dopoguerra.

 Dopo il diploma le condizioni economiche familiari migliorarono, ma le uniche facoltà che consentivano l’accesso ai diplomati degli istituti industriali erano allora Economia e Commercio ed Ingegneria, per entrambe mi sentivo negato. Un giorno vidi casualmente affisso nell’albo dell’istituto G. Giorgi il bando della Scuola Superiore di Giornalismo, la prima in Italia, creata  presso l’Università di Urbino dalla Federazione Nazionale della Stampa a seguito dell’emanazione della legge n.69/1963 che istituiva l’Ordine Nazionale dei Giornalisti. Non ci pensai troppo a lungo e preparai  i documenti …

 Iniziai a collaborare con La Gazzetta del Mezzogiorno nella redazione di Brindisi guidata da Ettore Giorgio Potì. Dopo pochi mesi mi fu offerto dal  quotidiano il Tempo di diventare  vice corrispondente da Brindisi. Accettai. Proposi quasi subito al caporedattore alla province di realizzare una inchiesta giornalistica sui periti industriali diplomati al G. Giorgi, ancora  in gran parte disoccupati. Ne intervistai alcuni che trascorrevano le loro giornate  oziando forzatamente per lunghe ore  ai bar di Corso Garibaldi, poi intervistai un paio di ragazze neo-iscritte all’uscita dell’istituto. Sentii infine il parere del Direttore dell’Associazione Industriali, Teodoro Montagna e quello del preside Franco Lo Parco. Mi trovai  a navigare  così tra lo scettiscismo dei primi, le tenui speranze delle  seconde ed il facile ottimismo degli ultimi. Mi tornava anche alla mente l’ augurio espresso del Presidente del Consiglio, onorevole Antonio Segni, che nel giorno della  posa della prima pietra  aveva dichiarato: ” ..e voi giovani dell’ istituto industriale sarete i protagonisti in questa grande fabbrica”. A distanza di alcuni  anni quella , più che una previsione sballata ,la sentivo  come una  provocazione.

 Ma dopo questa breve parentesi di storia personale penso sia meglio tornare alle   vicissitudini ed ai primi riti celebrati nel recinto e  tra le colonne di acciaio della nuova cattedrale .

 Come già detto, l’insediamento di Montecatini a Brindisi aveva determinato un massiccio trasferimento di forza lavoro dai settori tradizionali di impiego verso l’industria chimica. Franco Crespi, in una approfondita ricerca sociologica pubblicata nel 1963 con il titolo “Adattamento ed integrazione”, descrisse bene le difficoltà e le contraddizioni di questo processo di industrializzazione. Annotò, tra l’altro, che nei primi periodi di marcia del petrolchimico erano state centinaia  le dimissioni di operai e che gli indici di assenteismo subivano forti impennate nei giorni di vendemmia o quando erano più numerose le attività agricole. Gli operai ex contadini  erano chiaramente in testa alla graduatoria degli assenteisti. Crespi rilevò però che essi erano anche quelli che si lamentavano meno per le disagiate condizioni ambientali nelle quali erano costretti ad operare e per i lavori più pesanti. Diversi erano i comportamenti degli operai provenienti dall’artigianato e dal piccolo commercio. Questi accettavano più facilmente le regole dell’organizzazione industriale ma erano meno propensi ad operare nelle situazioni di disagio ambientale e sentivano addirittura come poco dignitoso indossare la tuta . In mezzo a queste due categorie di lavoratori c’erano quelli che provenivano dall’edilizia, che erano anche loro numerosi. Gli ex-muratori assumevano comportamenti affini a quelli degli operai provenienti dall’agricoltura. I loro indici di assenteismo raggiungevano punte massime nelle giornate piovose, quando era tradizione nell’edilizia, e forse  lo è ancor oggi, sospendere le attività lavorative. L’analisi sociologica di F. Crespi si muoveva comunque in molte altre direzioni che sarebbe però troppo lungo riferire.

 In Montecatini, come nella gran parte delle grandi aziende industriali italiane, agli inizi degli anni ’60, era adottato il modello gestionale cosiddetto delle human relations. Il modello vigente a Brindisi era in realtà di tipo direttivo, basato su rigidi livelli gerarchici, controlli, frequenti provvedimenti disciplinari. Per accelerare il processo di adattamento ed integrazione, come lo aveva definito F. Crespi, operavano comunque tre assistenti sociali, una psicologa ed alcuni medici specialisti. Erano inoltre disponibili per i dipendenti: impianti sportivi, uno  spaccio aziendale e colonie estive  (riservate ai figli fino a  12 anni di età ) .

 Una riflessione a parte meritano le procedure adottate da Montecatini per la selezione del personale. Tra il 1959 ed il 1964 i tassi di disoccupazione nella provincia di Brindisi e in quelle limitrofe di Lecce e Taranto erano così elevati che alla direzione fu impossibile sottrarsi alle forti pressioni clientelari provenienti dai referenti politici locali. In  testa c’era la Democrazia Cristiana ed suo uomo di punta, che tanto aveva operato a livello di governo centrale per ottenere l’insediamento del Petrolchimico a Brindisi, ovvero l’onorevole Italo Giulio Caiati. Nei fine settimana, per chi percorreva il primo tratto di strada che collega Brindisi a Mesagne era facile osservare una lunga fila di auto e altri mezzi di trasporto dei questuanti parcheggiati lungo la carreggiata in prossimità della sua magnifica villa.

I direttori del Petrolchimico, il primo fu l’ing. Mario Natta, esercitarono a loro volta una enorme influenza nei confronti degli  amministratori e dei politici brindisini e nella Associazione degli Industriali, tanto da far pensare a più di qualcuno che esistesse un governo parallelo della città. Certo è che in quegli anni raramente furono negate o ritardate a Montecatini le autorizzazioni  richieste, pur in un contesto di vincoli procedurali e burocratici già  allora esistenti.

Nel 1965 che si verificò però la prima seria contrapposizione tra l’opinione pubblica della città e la nutrita colonia di tecnici e dirigenti trasferitasi a Brindisi a seguito della costruzione del Petrolchimico. A far scoccare la scintilla furono le dichiarazioni avventate di alcune mogli di dirigenti e quadri aziendali. Esse dichiararono ad un giornalista del settimanale romano “ La tribuna Illustrata “ che Brindisi era una città “invivibile, sporca, senza servizi,” ove era “impossibile acquistare prodotti e beni di uso più comune”, e pertanto non restava altra alternativa  che “ vivere separate, lontano dalla città, per attenuare il disagio”. Ne scaturì una infuocata polemica, con servizi della RAI, dichiarazioni, smentite, altri articoli di stampa. I notabili e politici locali erano inizialmente combattuti tra difendere i concittadini e mantenere proficui rapporti clientelari con il management del petrolchimico. Alla fine dovettero prendere posizione e costrinsero la dirigenza Montecatini ad intervenire per ottenere tardive e poco convinte smentite da parte delle signore coinvolte. Solo dopo parecchie settimane la polemica si placò ma tra la città ed il petrolchimico non fu più pace come prima.

In quegli  anni, tra il 1963 ed il 1967, si registrarono a Brindisi altri eventi e cambiamenti importanti che ho tratto dagli archivi della Gazzetta del Mezzogiorno e che ritengo utile citare .

 

8 ottobre 1963. L’on. Caiati ed il sindaco avv. Bruno inaugurano la Banca Popolare di Brindisi. Oltre ad essere la prima Banca locale, è il primo sportello bancario al di fuori del centro storico .

15 ottobre 1963. Max Schacheter, un austriaco di origine ebrea, residente in Canada e proprietario di una società immobiliare, guida una delegazione di giornalisti stranieri a visitare il costruendo villaggio turistico di Rosa Marina, che di lì a qualche anno diventerà uno tra i più grandi di Europa, con 130 ettari di superfice e 954 villette.

5 dicembre 1963. Il presidente, avv. Samuele De Guido, in una Assemblea del ASI, fa riferimento per la prima volta alla possibilità di un insediamento ENEL.

Marzo 1964. Il CdA Enel, sotto la presidenza dell’avv. Vitantonio Di Cagno, approva la costruzione della Centrale Enel Nord di Brindisi. Vengono stanziati 27 miliardi di lire. L’impianto dovrebbe produrre 1,5 Megawatt. E’ già previsto il raddoppio della potenza.

 

Luglio 1965. La motonave Victoria del Lloyd Triestino inaugura in pompa magna la nuova linea marittima Londra – Brindisi – Bombay. Resterà però unico viaggio, senza seguito.

 

Ottobre 1965. In uno studio del professor Guglielmo Tagliacarte, pubblicato dalla rivista Moneta e credito della Banca Nazionale del Lavoro risulta che la provincia di Brindisi ha registrato nel 1964 il “più alto aumento del reddito rispetto a tutte le altre 92 province italiane: + 35,9%”, pari ad una media di lire 365.379 per abitante, che resta tuttavia con l’ 83,8%  ancora al di sotto del reddito medio nazionale .

 

Giugno1966  L’Istituto Industriale “ G. Giorgi festeggia il suo primato: è passato in 8 anni da 38 studenti a 1800.

 

Agosto 1966. Inizia a Punto Franco la costruzione dello stabilimento Nuova Saca, produrrà motori di aereo .Si prevede l’assunzione di  350 unità lavorative in una prima fase per raggiungere l’organico di 800 unità a regime.

Settembre 1966. Viene decisa la fusione di Montecatini – Edison. Edison è una  società fondata a Milano nel 1884 per la produzione e la distribuzione dell’energia elettrica, che a seguito del provvedimento di nazionalizzazione dell’energia elettrica (1963) ha cessato di operare in quel settore e disponendo di notevoli risorse finanziarie derivanti dai risarcimenti statali ha potenziato i suoi investimenti nella chimica, in particolare a Porto Marghera, per la produzione di concimi azotati e cloruro di vinile, prodotto base di molte materie plastiche .

 

Alla fine del 1966 sembrava tuttavia esaurirsi la lunga fase di idillio sia all’interno che all’esterno del petrolchimico Montecatini. Si profilavano all’orizzonte le prime tensioni sindacali che sarebbero sfociate nell’autunno del 1968  in dure lotte per l’eliminazione delle gabbie salariali. Cominciavano a registrarsi in città alcune reazioni contrarie ai vincoli territoriali ed gli impatti ambientali imposti dall’ insediamento e dalla marcia del petrolchimico.

 Ma questa è tutt’altra storia, che racconteremo nelle successive puntate .

 

Giuseppe  Antonelli (continua)

 

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