Torna a Brindisi dopo 4 giorni a Venezia, il datore di lavoro vuole l’esito del tampone: “Non posso non lavorare”

BRINDISI – (da il7 Magazine)  Era andata con i suoi due bambini quattro giorni a Venezia per raggiungere il compagno che lavora lì, ma il rientro a Brindisi è da incubo. La protagonista di questa storia è Valeria, mamma brindisina di 38 anni, con due bambini di 11 e 7 anni. La donna era partita a Venezia il 20 febbraio ed è tornata il 25.

Un viaggio di ritorno in treno che è stato un’odissea, e le cose non sono andate certamente meglio al suo rientro a casa. La pediatra per lei e suoi figli ha raccomandato l’isolamento domiciliare volontariato, e il suo datore di lavoro pretende l’esito del tampone che certifichi che non ha contratto il virus. Il Veneto è una delle regioni ad alto rischio di contaminazione da coronavirus. La donna lavora in un’attività pubblica, il gestore chiede rassicurazioni sul suo stato di salute, altrimenti non la fa rientrare a lavoro. Una richiesta non prevista dalla legge. Ed intanto Valeria non sa a chi rivolgersi. Ora è chiusa in casa e i parenti le portano la spesa, con lei anche i suoi bambini. “Non posso permettermi di non lavorare – spiega la donna – sono in difficoltà. Ma non so a chi rivolgermi. Vorrei effettuare il tampone ma ai numeri diffusi dalla Asl non risponde nessuno. Sono sempre occupati, e quando è libero la chiamata viene rifiutata. Mi sento di vivere in un incubo”.

La donna è stata a Venezia per quattro giorni. Il 24 febbraio alle 19 ha preso il treno da San Donato del Piave per arrivare a Brindisi alle 10 del giorno dopo. Quindici ore di viaggio, tre ore ferma alla stazione di Bologna, dove non c’era posto neanche nella sala d’attesa gremita di persone. “A Bologna c’era il caos, gente che gridava- racconta – chiedeva informazioni. Eravamo stipati nell’affollata sala d’attesa, era sera tardi e non potevamo andare da nessuna parte”. Il treno per Brindisi sarebbe dovuto partire alle 23,10, ed invece solo all’1,40 ha lasciata la stazione di Bologna. Il treno era pieno di persone che tornavano al sud. I collegamenti ferroviari hanno subito tutti dei ritardi, dovuti alla variazione dei percorsi in quanto non è possibile passare dalle città contaminate. Alle 10 del mattino del 25 febbraio Valeria e i suoi bambini sono arrivati finalmente a Brindisi. Ma qui l’incubo non finisce. “Come disposto dalla Regione Puglia ho immediatamente segnalato il ritorno al medico curante e alla pediatra dei miei figli, Franca Sergio – racconta ancora la donna – lei mi ha raccomandato l’isolamento domiciliare volontario. Le ho spiegato dei miei problemi a lavoro e le ho chiesto di poter fare il tampone. Abbiamo cercato entrambe di contattare il numero dell’Asl, ma non ha mai risposto nessuno. Io ora non so davvero come fare, dove sbattere la testa. Non possono permettermi di non lavorare per due settimane”. Valeria spiega  di essere stata in giro per Venezia solo due giorni, e poi di essere rimasta sempre in hotel. “Avevamo raggiunto il mio compagno in Veneto per il compleanno di mia figlia. Ma il giorno dopo la bambina ha preso un raffreddore ed aveva qualche disturbo respiratorio, così siamo andati al Pronto soccorso di Jesolo dove le è stato prescritto l’aerosol e dopo la cura è stata meglio”.

Una volta a Brindisi la donna si è sentita spaesata, ha chiamato anche il 118 e il 112, ma nessuno le ha saputo dare altre informazioni. “Io chiedo solo di poter fare il tampone – dice ancora Valeria – e poter tornare a lavoro. Il mio nome e quello dei mie figli è entrato in un database e non sappiamo altro. Per ora so solo che io e i bambini dobbiamo restare a casa 14 giorni”. Secondo le disposizioni della Regione Puglia chi rientra dalle regioni contaminate deve comunicare telefonicamente al medico di base il proprio ritorno. Ma sulle procedure c’è ancora qualche incertezza almeno per i casi che non hanno mostrato particolari sintomatologie. “Nel triage telefonico – spiega la pediatra Franca Sergio – dobbiamo compilare un modulo che ci è stato diffuso dalla Federazione italiana medici pediatri, che tra i vari casi prevede anche quello in cui il paziente ha avuto contatti con persone rientrate da paesi, località e luoghi ad alto rischio di Coronavirus. Anche in questo caso bisogna allertare i servizi di emergenza come da indicazioni dei servizi sanitari locali e raccomandare l’isolamento domiciliare volontario. Per una intera giornata ho provato a chiamare il numero del Dipartimento di Prevenzione ma non mi ha mai riposto nessuno. Il fatto che in questa storia è mancato il coordinamento, e il braccio destro non  sa cosa fa quello sinistro. Noi medici abbiamo dovuto anche provvedere ad acquistare da soli i dispositivi di protezione personale”. Intanto la Asl di Brindisi ha inviato le indicazioni dopo le disposizioni della Regione Puglia che ha fatto alcune precisazioni, anche se a questo punto sarebbe necessario convocare i medici e creare un coordinamento. “Tutti gli individui che sono transitati e hanno sostato dal 1° febbraio 2020 nei comuni di Bertonico, Casalpusterlengo, Castelgerundo, Castiglione D’Adda, Codogno, Fombio, Maleo, San Fiorano, Somaglia, Terranova dei Passerini nella Regione Lombardia, di Vo’ nella Regione Veneto – affermano dalla Asl –  hanno l’obbligo di comunicare tale circostanza al Servizio Igiene e Sanità Pubblica del Dipartimento di Prevenzione della Asl Brindisi ai fini dell’adozione di ogni misura necessaria, ivi compresa la permanenza fiduciaria a domicilio con sorveglianza attiva. Inoltre,  tutti i cittadini che comunque rientrano in Puglia provenienti dal Piemonte, Lombardia, Veneto, Emilia Romagna e che vi abbiano soggiornato negli ultimi 14 giorni, devono  comunicare la propria presenza nel territorio della provincia di Brindisi con indicazione del domicilio al proprio medico di medicina generale ovvero, in mancanza, al Servizio Igiene e Sanità Pubblica del Dipartimento di Prevenzione della Asl Brindisi al fine di permettere l’esercizio dei poteri di sorveglianza sanitaria. Il numero 338 5747395.

Lucia Portolano

 

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