Truffa alla Asl: due medici assolti “perché il fatto non sussiste”

BRINDISI – Erano accusati di timbrare i propri badge personali, i cartellini segnatempo che conteggiano la permanenza sul luogo di lavoro, in maniera fraudolenta o di prestare servizio fuori dall’Asl, nascondendo “maliziosamente” l’attività in proprio all’azienda.

Oggi, però, i dottori Antonio Montanile, 48 anni di San Pancrazio Salentino, e Giuseppe Spagnolo, 56 anni da San Pietro Vernotico, direttore sanitario dell’ospedale di Francavilla Fontana, il primo, e direttore del dipartimento di igiene, epidemiologia e sanità pubblica, il secondo, sono stati assolti dal tribunale di Brindisi, rappresentato dal collegio composto dal presidente Domenico Cucchiara e dai giudici a latere Giuseppe Biondi e Francesco Cacucci, perché il fatto non sussiste. I due professionisti, i cui interessi erano curati dall’avvocato Massimo Manfreda, hanno dimostrato la totale legittimità delle loro condotte.

Spagnolo, nel concreto, era accusato di aver timbrato per diversi mesi, nel 2009, il proprio cartellino al poliambulatorio di San Pancrazio Salentino pur non essendo autorizzato a esercitare in quella sede e di aver fatto registrare la propria presenza, sempre attraverso il timbro orario sul badge, all’ex ospedale Di Summa, non trovandosi effettivamente lì.

La vicenda riguardante Montanile risulta più articolata: anche per il secondo imputato c’era l’accusa di aver timbrato in maniera fraudolenta il proprio cartellino ma, per lui, c’era anche dell’altro. Al medico veniva contestato di aver dichiarato all’Asl di svolgere esclusivamente attività intramoenia per conto dell’azienda mentre, invece, prestava il proprio servizio, contemporaneamente, per la società Brindisi servizi generali srl. Inoltre, Montanile avrebbe sottaciuto, sempre alla Asl, di ricoprire il ruolo di direttore sanitario dell’ambulatorio Prime cure.

Questi comportamenti, se fossero stati accertati, avrebbero prodotto degli illeciti guadagni per i due professionisti e avrebbero procurato un danno all’azienda sanitaria pari all’illecito profitto ottenuto dai medici. Il collegio presieduto dal giudice Cucchiara, però, ha assolto entrambi con la formula “perché il fatto non sussiste” che fuga ogni dubbio sulla liceità della condotta dei medici.

Maurizio Distante

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