Uccise un contrabbandiere a colpi di mitraglietta, confermata la condanna per l’ex vice questore

BRINDISI- Confermata a 15 anni e sei mesi la condanna per omicidio volontario a carico dell’ex vicequestore vicario di Brindisi e a lungo capo della Squadra mobile Pietro Antonacci, ritenuto responsabile della morte del contrabbandiere Vito Ferrarese nella notte tra il 14 e il 15 giugno del 1995. La sentenza è stata pronunciata dalla Corte di Cassazione.

Pietro Antonacci
Pietro Antonacci

La Corte d’Assise di Taranto aveva  condannato a 15 anni e 6 mesi di reclusione l’ex vice questore di Brindisi Pietro Antonacci  il 23 gennaio del 2013.  La Corte aveva riconosciuto la volontarietà del gesto. Il procuratore generale poi  aveva chiesto l’annullamento di quella sentenza oggi riconfermata.

 Il 14 giugno di 18 anni fa , durante un’operazione anticontrabbando, partirono alcuni colpi di pistola da un elicottero della polizia  all’indirizzo di un motoscafo carico di sigarette di contrabbando sul quale si trovava  Vito Ferrarese. Un proiettile uccise l’uomo. La famiglia di Ferrarese si costituì parte civile nel processo  che vide coinvolto anche il questore dell’epoca Francesco Forleo, oggi non più processabile per motivi di salute.

Vito Ferrarese
Vito Ferrarese

Secondo quanto ricostruito dalle indagini Antonacci “sparò con la mitraglietta M12 – si leggeva nelle motivazioni della prima sentenza di condanna – e non con la pistola di ordinanza, prelevata abusivamente dal deposito della questura di Brindisi, estremamente potente e precisa nel colpire il bersaglio. E sparò a raffica”.

I familiari della vittima, assistiti dall’avvocato Giuseppe Lanzalone, hanno ottenuto anche la conferma del riconoscimento delle provvisionali e del risarcimento del danno in sede civile.

Lu.Pez.

4 Commenti

  1. anche un grande uomo può commettere un grande errore. fosse stato un emerito riconosciuto incapace, lo avremmo anche un pò compatito, ma trattandosi di un uomo di stato così “autorevole”…
    sono un brindisino testimone di ciò che accadeva in quegli anni e penso che, per fermare uno scafo di contrabbandieri, chi credette di utilizzare una mitraglietta o meglio mitragliatrice, fosse letteralmente impazzito.

  2. Le parole finiscono dove inizia l’indignazione. Non si può credere che questa sentenza sia vera.
    Mi sono sempre ritenuta giustizialista, difficilmente ho messo in discussione le sentenze. Credo nella giustizia, ma questa volta ahimè proprio non posso mantenere la mia consueta posizione.

    Una sentenza scandalosa.
    Vergognatevi !

  3. E’ una vergogna anzi un’indecenza!

    Un uomo che ha servito lo Stato per anni, che ha ripulito il nostro
    Paese negli anni d’oro della Scu, che ha messo a repentaglio la
    sicurezza della propria famiglia viene ripagato in questo modo ingiusto.
    Mi aspetto che Mesagne e tutti i suoi cittadini facciano l’impossibile
    per lui proprio in memoria del suo operato e per chi come me lo conosce
    personalmente anche in virtù del suo essere un GRANDE UOMO.

    La nostra vita affidata al libero arbitrio dei magistrati!mi auguro che
    la Riforma sulla responsabilità dei magistrati possa mettere un freno
    all’incompetenza dell’essere umano perchè è di questo che si parla, di
    una vera e propria incompetenza. Conosco bene tutte le fasi di questo processo ridicolo con tutte le sue
    incoerenze e falsità, perizie non concesse e perizie pagate da chi oggi
    poverino non è capace di stare in giudizio ma che quella notte molto
    scientemente diede ordini ben precisi.

    Sentenza ridicola e paradossale.

  4. La giustizia italiana vive da sempre uno strano strabismo sociale. A parti invertite, state ne certi, il malviventi se la sarebbe cavata molto meglio. Invece, un pluridecorato difensore dello Stato, oltre ad aver perso tutto sotto il profilo professionale, si ritrova a dover trascorrere il resto delle sua vita in carcere. Che vergogna. A discapito di noi poveri cittadini, in risposta alla indegna magistratura nostrana, gli appartenenti alle forze dell’ordine, dovrebbero iniziare, con sempre più frequenza, a guardare altrove quando si trovano di fronte ai delinquenti. Un po’ come hanno fatto a Roma…”perché noi morti non ne facciamo!”.

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