Un medico di famiglia ricoverato in Terapia intensiva, l’ennesimo appello dei sindacati dei medici

BARI – Ricoverato in terapia intensiva, per COVID-19, un medico di famiglia di Bari. Uno di quei medici accusati  di tenere l’ambulatorio chiuso ai pazienti. Lo fanno sapere in una nota congiunta le segreterie regionali pugliesi dei  sindacati  dei medici,  Intesa Sindacale, SMI (Sindacato Medici Italiani), SNAMI (Sindacato Nazionale Autonomo Medici Italiani), che  pone  all’attenzione dei responsabili politici e amministrativi della sanità pugliese  le richieste dei medici di famiglia.

“La sanità reale smentisce la sanità virtuale, quella fatta di scoop sui social e sui media ed anche di dotte ed esperte passerelle condite con affermazioni che nulla hanno a che vedere con tutto ciò che i medici e tutti gli operatori sanitari affrontano nel quotidiano – affermano dal sindacato dei medici di famiglia – Da lungo tempo i sindacati medici (Intesa Sindacale – SMI – SNAMI) sollecitavano il potenziamento della medicina del territorio e la dotazione dei DPI ai medici di famiglia, ai medici di continuità assistenziale, ai medici dei servizi e ai medici del 118 (costretti a volte ad usare per calzari le buste dell’immondizia)”.

Dispositivi di protezione individuali, inizialmente forniti dai sindacati medici e, solo successivamente in modo tardivo ed in quantità insufficiente, dalle istituzioni nonostante ci fosse una reale ed urgente necessità di intervento a tutela dell’interesse della salute pubblica.

“In questa fase delicata avremmo voluto al nostro fianco anche il sindacato Fimmg, attento più alle elezioni dell’ENPAM e alle prossime elezioni ordinistiche, piuttosto che ai problemi di una categoria che da molti, troppi anni, è umiliata e offesa, come continuiamo con forza e dolore a denunciare da tempo. Invece, ancora recentemente la  Fimmg, nonostante la contrarietà di tutti gli altri sindacati, chiede che negli studi dei medici di famiglia si eseguano i test sierologici per il personale docente e non docente delle scuole pubbliche”, si legge ancora nella nota.

“Sottolineiamo con forza, invece, che quest’ultima attività ha implicazioni sulla salute pubblica e riteniamo debba essere fatta in strutture delle ASL che sono già adeguatamente dotate per tecnologia e personale. Tra l’altro far esporre i medici di famiglia ad un rischio per eseguire un test dal valore opinabile, poiché non obbligatorio, peraltro da eseguire su sangue capillare invece che su sangue venoso (quest’ultimo sicuramente più affidabile), è decisamente una scelta rischiosa ed improduttiva. Si tenga conto che – in caso di positività del test sierologico – i medici di famiglia sarebbero costretti alla quarantena e (allora sì) a tenere chiusi i loro  ambulatori> continua la nota dei sindacati dei medici”.

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