Lavoratori Servizi sociali i Comuni non rispettano la legge, Cgil: “Immobilismo che mette a rischio i servizi”

BRINDISI – ” Nel raccontare i servizi sociali garantiti ai soggetti più deboli, in un quadro già segnato dall’emergenza sanitaria, mentre stanno per scadere i contratti degli assistenti sociali e degli altri professionisti impegnati negli ambiti sociali, rileviamo la mancanza di una “governance” istituzionale nella gestione complessiva del sistema reso sempre più precario: mancata applicazione della L. 178/2020 (L. di Bilancio 2021) art.1, c.797, nel raggiungimento del previsto rapporto fra assistenti sociali e popolazione residente in ogni ambito sociale territoriale di 1:5000 ed un ulteriore obiettivo di servizio di 1:4000; mancate proroghe di 24 mesi dei contratti di lavoro in scadenza di tutti i lavoratori delle èquipe multidisciplinari anche al fine di maturare i requisiti previsti per la stabilizzazione e il rafforzamento dei Servizi Sociali; mancata attivazione del processo di stabilizzazione per chi ha già raggiunto le prerogative per essere stabilizzato; mancata internalizzazione dei servizi sociali esternalizzati negli anni o mancato avvio delle possibili sperimentazioni gestionali pubblico/privato con il governo affidato alla mano pubblica”: Lo affermano Antonio Macchia e Pancrazio Tedesco, rispettivamente segretario provinciale Cgil e segretario provinciale Funzione Pubblica Cgil.

Quello sta accadendo ai lavoratori dei Servizi Sociali nei Comuni desta grande preoccupazione  per la mancata osservanza dei dispositivi legislativi che disciplinano la materia per dare stabilità lavorativa ai professionisti del settore e conseguentemente a tutto il welfare territoriale. “Si assiste ad un immobilismo e inoperosità amministrativa i cui effetti alimentano in modo ingiustificato il precariato -aggiungono dal sindacato –  Sembra quasi che si stia giocando una strana “partita” nell’ambito dei servizi sociali tra chi esercita una funzione di “programmazione e controllo” (la politica in tutte le sue articolazioni in primis il governo) che ha previsto virtuosamente di dare stabilità lavorativa al personale impegnato e di individuare i nuovi fabbisogni di personale e la funzione di “amministrazione attiva” affidata al ruolo dei funzionari degli Enti Locali (riforma Bassanini) ma che di fatto stanno esercitando il “potere esecutivo” in alcuni ambiti sociali alimentando – come già sottolineato – in maniera anacronistica il precariato. Tale incomprensibile dicotomia rischia di far implodere in tutta la sua drammaticità i Servizi sociali e – come già sta avvenendo – che si riverberi sui lavoratori interessati che vivono ormai da troppo tempo una dimensione lavorativa di assoluto precariato e di incertezza occupazionale.

La Cgil chiede ai Comuni  di voler perseguire i seguenti inderogabili obiettivi, da adottare nei confronti del personale multidisciplinare interessato ( ass. sociali, educatori, amministrativi, psicologici, mediatori e sociologi, ecc), cosi come sopra evidenziato: proroghe di 24 mesi ai sensi e per gli effetti dell’art.5, c. 5, quarter del c.d. Decreto Proroghe 2020; stabilizzazione nei confronti di chi ha maturato o maturerà i requisiti previsti per la stabilizzazione; adozione di atti amministrativi in sede di autotutela da parte delle amministrazioni, a tutela del personale precario, per evitare che i ritardi nell’attivazione dei contratti di lavoro rivenienti dall’utilizzo dei fondi PON inclusione possano inficiare percorsi di stabilizzazione di alcuni lavoratori; definizione di processi gestionali atti a internalizzare o avviare sperimentazioni gestionali pubblico/privato per garantire alla mano pubblica il governo dei servizi sociali.

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